Achille Lauro: “La mia soddisfazione è vedere genitori e figli insieme ai miei concerti”

Achille Lauro è stato ospite nei nostri studi, ha parlato del suo tour unplugged, di Sanremo e dei suoi piani per il futuro.

Questo pomeriggio, in Dedikiss, Marco e Raf hanno ospitato Achille Lauro. Ecco l'intervista completa.

Siamo onorati di avere con noi un artista a tutto tondo, è impegnato in un tour a teatro dove porterà unplugged la sua musica, benvenuto ad Achille Lauro!

«Ciao ragazzi!»

Lauro, come stai?

«Tutto bene.»

Stai portando la tua musica unplugged a teatro, oggi sarai al teatro Augusteo di Napoli. Come nasce questa idea del tour acustico?

«Dopo anni di spettacolarità, nasce anche dall'esigenza di far conoscere anche come nascono le canzoni, piano e voce, chitarra e voce, è un momento molto intimo. Trasforma le canzoni donando loro una veste molto introspettiva e dando peso alle parole.»

Per quanto riguarda il contatto col pubblico, noti differenze tra i concerti normali e quelli unplugged?

«Moltissime. Vengo da un tour mastodontico quest'estate di quasi 30 date, erano concerti grandi con tantissime persone. Però la dimensione intima del teatro impreziosisce. Non sto dicendo che è meglio o peggio, ma è diverso. Fare una cosa piccola e intima non toglie. Ero fissato coi concerti con 10.000-20.000 persone, è una sensazione stupenda, ma diciamo che anche questo si difende bene.»

Lauro, sicuramente stasera suonerai anche il tuo ultimo singolo, "Che Sarà", che ha avuto grande successo. Il videoclip è meraviglioso, ci sei tu vestito di rosso, bendato davanti l’Ara Pacis. È una metafora dove parli di futuro dei giovani e della loro incertezza generazionale?

«Certamente. Io, in generale, lavoro su tutte le sfumature della mia musica, mi occupo della direzione creativa del mio progetto e non solo, anche quella di altri progetti. Quando mi si chiede e, soprattutto, quando mi chiedo cosa vedo nella canzone, cerco di essere molto fedele a quello che la canzone mi comunica. Ognuno di noi quando ascolta una canzone ha in mente qualcosa, un colore, un'immagine.»

E tu a che pensavi?

«Per Che sarà pensavo a una cosa super minimale, una persona bendata che in qualche modo chiedeva cosa ne sarebbe stato del futuro.»

Prima di questo tour c’è stata un’iniziativa fantastica, “Achille Lauro nelle scuole”, dove hai incontrato tanti ragazzi parlando proprio di orientamento e di futuro. Hai chiesto ai ragazzi di scrivere una lettera al futuro. Nella lettera al futuro di Achille Lauro cosa scriveresti?

«Io l'ho scritta qualche anno fa, e ad oggi è fedele a quello che avevo scritto. Sono un po' scaramantico, quindi ti dico che se penso a dove sarò tra dieci anni, ti dico che sarò dove voglio essere. Dove vorrei essere, però, me lo tengo per me.»

Quindi, lo sai bene e resta nel tuo cassetto.

«Sono un grande stacanovista, più che nel talento credo nell'ambizione, nella testardaggine, nel duro lavoro.»

Però sei anche scaramantico, le due cose si legano?

«Sì, cerco comunque di lavorare più che dire "farò, dirò, andrò". Cerco di fare fatti.»

L'hai sempre fatto con la musica, già dieci anni fa, quando facevi altro.

«Se penso a dieci anni fa è incredibile quello che è successo.»

Però l'Achille Lauro di oggi arriva dritto al cuore delle persone.

«Grazie. L'unica cosa che resta negli anni sono sicuramente i sentimenti. La musica è questo.»

Ora inizia Sanremo. Il festival per te è un luogo speciale.

«Beh mi ha dato sicuramente tanto. Sono stato partecipe e presente a un cambiamento, mi sento molto fortunato. In questi dieci anni la musica underground e urban è diventata pop, io ho cambiato la mia natura, sono passato da tanti generi, e soprattutto sono stato partecipe di un cambiamento importante del Festival di Sanremo. Nel 2019 era tutto diverso, quando facevo Rolls Royce mi guardavano davvero come un alieno. Dopodiché ho lanciato la granata di tutto il progetto Me ne frego, ho interpretato tutti i personaggi storici, poi da lì c'è stata una grande svolta di Sanremo.»

Quando, prima di "Rolls Royce", quando si diceva che l'Italia era un Paese per vecchi era vero. Dopo "Rolls Royce" l'Italia non è più solo per vecchi.

«Guarda, innanzitutto ti ringrazio. Io sono entrato con Baglioni direttore artistico, poi ho continuato con Amadeus. Alcuni artisti sono stati i "cavalli di Troia", ora veramente è cambiato. Adesso i ragazzi percepiscono Sanremo come un'opportunità, perché son successe delle cose, ha generato dei veri successi. Io ero entrato che ero già abbastanza famoso tra i giovani, ma adesso ho un pubblico davvero trasversale, dai ragazzini alle signore, passando anche per i ragazzi di periferia, gli stessi di una volta che adesso ascoltano 16 marzo

In teatro stasera possiamo vedere dalla signora di 50 anni al ragazzo di 20.

«Se passi ti stupisci. Forse è la cosa più bella che ho scoperto negli ultimi anni.»

E chi di loro ti riesce a dare più soddisfazione?

«Mi riesce a dare più soddisfazione vederli insieme, genitori e figli. È una cosa generazionale. Magari tra dieci anni, pensando al duro lavoro, allo stacanovismo, e a saper affrontare tutto quello che succede, se Dio mi assiste... »

Grazie ad Achille Lauro!

«Grazie a voi, è stato un piacerone.»

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