Un viaggio tra cinquant’anni di musica, politica e vita personale. Eugenio Finardi, 73 anni, si racconta in una lunga intervista concessa al Corriere della Sera, ripercorrendo le tappe più significative della sua carriera e della sua esistenza, senza nascondere le fragilità e le contraddizioni di un percorso umano e artistico unico.
«Extraterrestre» e gli anni del Movimento
Finardi ricorda gli anni difficili della contestazione e il debutto di Extraterrestre, accolta inizialmente come un flop e addirittura con ostilità da parte di alcuni militanti:
«Mi tiravano i sassi, mi accusavano di tradimento. Eppure quella canzone era la metafora della mia vita: la ricerca continua, l’impossibilità di scappare da se stessi».
Una vita divisa tra culture e lingue
Figlio di madre americana e padre italiano, Finardi ha vissuto tra Milano, il New Jersey e la Svizzera:
«Sono cresciuto in un continuo dualismo, tra lingue, religioni e culture diverse. La musica è stata l’unica certezza, l’unico filo conduttore della mia vita».
Droghe e rinascita
Il cantautore non ha esitato ad affrontare anche i momenti più oscuri:
«Ho provato tutte le droghe, ne ho pagato le conseguenze. Finché mi è nata una bimba con la Sindrome di Down. Più che responsabilità, direi dignità: sono entrato in comunità e ho fatto il percorso terapeutico».
Politica, Sanremo e nuove battaglie
Finardi rievoca la sua militanza politica, i contrasti con il Pci e i momenti surreali vissuti a Sanremo, tra imprevisti e ironia. Oggi, a distanza di decenni, il cantautore guarda al futuro con nuove riflessioni:
«Ho 73 anni, non combatto più battaglie del presente. Penso a quello che accadrà tra 150 anni. L’intelligenza artificiale, se sarà autogenerativa, potrà migliorare il mondo».
«Un uomo solo non ha mai tradito: Mandela»
L’intervista si chiude con una nota di ammirazione:
«L’ho visto troppe volte: gli ideali trasformarsi in ideologie. Ma c’è un uomo solo che non ha mai tradito: Nelson Mandela».