Darren Aronofsky torna sul grande schermo con “Una scomoda circostanza”, un film che segna una svolta nel suo percorso artistico. Con un cast stellare guidato da Austin Butler e Zoë Kravitz, la pellicola offre una miscela di azione e ironia ambientata nella New York degli anni ’90.
Trama e personaggi principali
Hank Thompson, interpretato da Austin Butler, è un ex giocatore di baseball la cui carriera è stata interrotta da un infortunio. Ora lavora come barista a New York e ha una relazione con Yvonne, interpretata da Zoë Kravitz. La sua vita prende una piega inaspettata quando il vicino Russ, interpretato da Matt Smith, gli chiede di prendersi cura del suo gatto per qualche giorno. Accettando, Hank si ritrova coinvolto in una serie di eventi pericolosi che lo mettono nel mirino di criminali.
Un cast d’eccezione
Oltre ai protagonisti Austin Butler e Zoë Kravitz, il film può contare su un cast di altissimo livello, che contribuisce a rafforzarne l’appeal e la complessità narrativa. Tra i nomi più noti spiccano Regina King, Liev Schreiber, Vincent D’Onofrio e la star internazionale della musica Bad Bunny. Regina King dà vita al personaggio della detective Elise Roman, una figura chiave nella trama con un passato complicato e una forte determinazione. Liev Schreiber e Vincent D’Onofrio interpretano due fratelli ortodossi il cui coinvolgimento in loschi affari aggiunge tensione e profondità alla vicenda. La presenza di Bad Bunny, nei panni di un enigmatico informatore con legami ambigui sia con la criminalità che con le forze dell’ordine, introduce un ulteriore elemento di sorpresa e fascino per il pubblico, rendendo il film ancora più atteso.
Un Aronofsky inedito
Con “Una scomoda circostanza”, Darren Aronofsky compie un’interessante deviazione dal percorso stilistico che lo ha reso celebre, lasciando momentaneamente da parte i toni intensi e drammatici delle sue opere più note, per esplorare un registro più leggero e intriso di ironia. Il film si muove con disinvoltura tra il crime e la commedia nera, proponendo una narrazione che riesce a mantenere intatta la profondità tematica cara al regista — come l’alienazione, le ambiguità morali e le ossessioni personali — ma declinandola in modo inedito, con un tocco di cinismo e sarcasmo.
A contribuire all’atmosfera unica del film è la fotografia firmata da Matthew Libatique, storico collaboratore di Aronofsky, che restituisce una New York anni ’90 sporca, vibrante e piena di contrasti. La colonna sonora, affidata a Rob Simonsen, accompagna perfettamente l’evolversi della trama, alternando momenti più cupi a passaggi dal ritmo incalzante, creando un sottofondo sonoro capace di esaltare le sfumature grottesche e ironiche della storia. Il risultato è un film che, pur segnando una rottura rispetto al passato, resta profondamente riconoscibile nello stile dell’autore, offrendo al pubblico una nuova e sorprendente chiave di lettura del suo universo creativo.