Silvia Semenzin e la denuncia contro Phica.net: “Nel 2019 fu inutile”

Silvia Semenzin racconta la sua esperienza con la denuncia contro il sito Phica.net e riflette sulla diffusione di immagini non consensuali nelle chat private.

Silvia Semenzin, 33 anni, sociologa e attivista originaria di Montebelluna, oggi lavora a Barcellona per la Ong Ai Forensics. Da anni in prima linea contro la violenza digitale, ha contribuito alla nascita della legge sul revenge porn e nel 2021 ha pubblicato con Lucia Bainotti il libro Donne tutte puttane. In un’intervista a Il Gazzettino ha commentto la chiusura di Phica.net, piattaforma che per anni ha diffuso immagini e contenuti rubati di donne a scopo sessista e violento.

“Abbiamo denunciato dal 2019, ma nessuno ci ascoltò”

Come sta vivendo le vicende di questi giorni?
«Penso che tanto lavoro svolto negli anni scorsi ora venga finalmente un po’ riconosciuto. Provo però anche amarezza. Noi avevamo segnalato il sito Phica.net già nel 2019. Se ci avessero ascoltato, quanta violenza avremmo evitato? In questi anni gli utenti sono quadruplicati».

“La politica sapeva, ma ha ignorato”

Come si è mossa nel tempo sul tema?
«Quando è stata presentata alla Camera, con Laura Boldrini, la mozione contro il revenge porn, la ricerca partiva proprio da Phica.net e l’abbiamo illustrata davanti alla Polizia postale, ma a nessuno è interessato. Poi nel 2020 ho scritto un articolo scientifico e nel 2021 il libro. Nessuno però si è mosso ed è stato frustrante. Vorrei chiedere pertanto dove fossero tutti in questi anni».

“La bufera partita da Instagram”

Come siete arrivate a far chiudere Phica.net?
«Quando è uscito lo scandalo del gruppo Facebook Mia moglie, io e altre donne abbiamo denunciato il fatto che tutti si scandalizzavano per una pagina con 30mila utenti mentre Phica.net ne aveva 700mila. Ho pubblicato gli screenshot e taggato Giorgia Meloni su Instagram: così è scoppiata la bufera. Ma bisogna sempre toccare la politica, da Meloni a Carfagna, da Boldrini a Boschi, perché qualcuno risponda?».

“Il sito lo ha chiuso l’amministratore, non la Polizia postale”

Qual è al momento la situazione in Italia?
«Prima è stata chiusa la pagina Facebook, poi l’amministratore di Phica.net ha iniziato a rimuovere sezioni come quella sulle telecamere nei camerini. Alla fine è stato lui stesso a chiudere il sito, non la Polizia postale. Si fa fatica a lottare contro la violenza di genere e non si vuole fare educazione socio-affettiva. La legge 612 ter sul revenge porn è ridotta a un articolo striminzito e non affronta la violenza digitale più ampia. Intanto la violenza cresce e colpisce soprattutto le donne che si espongono».

“Lavoro più all’estero che in Italia”

«Io continuo a fare ricerca sugli algoritmi delle piattaforme e la violenza di genere online, ma vengo chiamata più all’estero che in Italia. Ho collaborato con la Commissione europea sulla Digital service act, ma i siti come Phica.net restano in una zona grigia, perché diffusi solo in Italia».

“Il lavoro va fatto con i maschi”

Che consigli si sente di dare alle ragazze?
«Non credo che la strada sia dire di non pubblicare. Anche se non ti sei mai fotografata nuda, le tue foto possono finire online lo stesso o essere manipolate con l’intelligenza artificiale. È giusto conoscere i rischi, ma il lavoro va fatto soprattutto con i maschi, che sono i grandi assenti».

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