Mauro Coruzzi, meglio conosciuto come Platinette, martedì festeggia i suoi 70 anni con la consueta ironia che lo ha sempre distinto. “Non sono ancora morta, grazie”, esordisce così nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, quasi a voler esorcizzare due anni durissimi segnati da due ictus, uno ischemico e uno emorragico.
«Il neurologo mi dice che il mio cervello è come un emmental — racconta — pieno di buchi. Alcune zone non funzionano più, ma i neuroni rimasti si sono caricati di tutto il lavoro. Cammino con un bastone come una vecchia pazza, e questo mi rende fragile».
Nonostante la fatica della riabilitazione, non rinuncia al sarcasmo: «Da contribuente con cinquant’anni di versamenti, sono ufficialmente pensionato. Come dice Patty Pravo: “Ho guadagnato 11 miliardi ma ne ho spesi 13”».
Ripensando ai suoi eccessi, ammette: «Pesavo 180 chili, mangiavo mezzo chilo di pasta e bevevo una bottiglia di Coca Cola. Sapevo che prima o poi avrei pagato il conto, ma la vita è una botta di fortuna».
Tra i ricordi più intensi cita il primo amore, un compagno di scuola che gli regalò Corydon di André Gide con una dedica struggente: «Per quello che è stato, per quello che non è, per ciò che non sarà mai». Un’esperienza che definisce «il meglio e il peggio» della sua vita.
In famiglia non ebbe mai difficoltà a dichiararsi omosessuale: «Mia madre trovò i miei vestiti femminili e li lavò come se niente fosse».
Sul mondo dello spettacolo, è spietato: «La tv non mi manca quasi per nulla. Oggi gli opinionisti come me, Sgarbi o Tonon sono fuori gioco, vittime del politically correct che domina questo Medioevo da intelligenza artificiale».
Ricorda con affetto Maurizio Costanzo, “compagno di battaglie televisive”, e definisce Barbara D’Urso “l’ultima vera diva, una Gloria Swanson del piccolo schermo che saprà risorgere ancora”.
Non cambia opinione sul matrimonio egualitario («una parodia del modello etero») né sul Pride, che considera “un esercizio ormai privo di nemici da combattere”.
Rivendica invece con orgoglio la propria diversità: «Mi ero definita un fenomeno da baraccone, e ne vado fiera. Ho contribuito a spostare l’asticella dei pregiudizi».
E quando le si chiede se Platinette sia stata “uccisa” da Mauro Coruzzi, risponde con un sorriso: «Le maschere non muoiono. Possono solo riposare, ma restano vive dentro chi le ha create».
