In un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, Luca Carboni racconta con sincerità disarmante la sua rinascita artistica e umana dopo la lunga battaglia contro il tumore ai polmoni. Un percorso difficile, affrontato con coraggio e introspezione, che lo ha riportato sul palco con una nuova consapevolezza. «La malattia ha avuto un impatto drammatico su di me, cambiando ogni mia prospettiva. Oggi per me è primavera», confida l’artista bolognese, che martedì sera, 11 novembre, ha emozionato il pubblico dell’Unipol Forum di Assago con uno spettacolo che è andato oltre la musica: un inno alla vita.
Il ritorno sul palco: un concerto come atto di coraggio
Quello di Milano non è stato semplicemente un concerto, ma una testimonianza di forza e gratitudine. Due ore e mezza di musica per ripercorrere una carriera che attraversa quarant’anni di canzoni, da Farfallina a Mare Mare, fino alla chiusura simbolica con Ci vuole un fisico bestiale. Sul palco, Carboni ha mostrato la fragilità e la potenza di un uomo che ha saputo trasformare la sofferenza in energia creativa.
«Avevo paura di non reggere – ha raccontato – perché dopo la malattia la respirazione è una cosa che devi imparare a gestire di nuovo. Ero terrorizzato all’idea di dovermi fermare, ma i giorni di prova sono stati un allenamento anche per la mia anima. Mi hanno reso più forte.»
Una nuova prospettiva sulla vita e sulla musica
L’artista confessa che la malattia lo ha portato a guardare il mondo con occhi diversi: «Mi ha cambiato in modo profondo. Ti accorgi che le cose materiali, le strategie, la promozione o il marketing contano meno. Ti rimane l’essenza: la musica, la scrittura, il contatto umano.»
Carboni racconta di essere stato incoraggiato a tornare sul palco da Ferdinando Salzano e dal suo team: «Non pensavo di farcela, avevo paura. Ma poi ho capito che non dovevo dimostrare nulla, solo vivere questo momento come un regalo.»
Il sold out e l’abbraccio del pubblico
Il ritorno è stato travolgente: biglietti esauriti in poche ore e un’onda di affetto che ha lasciato l’artista senza parole. «Era tanto che non sentivo così tanto amore intorno a me. Mi ha commosso», ha detto con emozione.
Dal palco, insieme a lui, Elisa, Cesare Cremonini e Jovanotti. Tre amici prima ancora che colleghi, presenti per celebrare non solo un artista, ma un uomo rinato. «Con Cesare ho capito di essere tornato a vivere quando mi ha invitato a cantare allo stadio. Con Lorenzo ci siamo sostenuti a vicenda in momenti difficili. Elisa, invece, è un’anima luminosa: la sua voce è una carezza che ti fa credere che tutto sia possibile.»
“Primavera”, il simbolo della rinascita
Il concerto si è aperto con Primavera, brano del 1984. Una scelta non casuale: «La primavera è il simbolo del cambiamento, della rinascita. Non arriva solo dopo la sofferenza: a volte è un nuovo entusiasmo che nasce anche quando tutto va bene. È il desiderio di vivere con leggerezza e curiosità.»
Un disco nel cassetto e nuovi orizzonti
Nonostante la ripresa e i progetti futuri, Carboni mantiene il suo approccio sobrio e riflessivo: «Non sto pensando a un tour tradizionale. Mi piacerebbe creare eventi unici, diversi ogni volta, come faceva Guccini. Ogni concerto deve avere una vita propria.»
Sulla possibilità di nuova musica, l’artista lascia una porta aperta: «C’è un disco nel cassetto, iniziato prima della malattia. È figlio di quel tempo, ma sento che dentro di me qualcosa sta rinascendo. Forse è tempo di scrivere di nuovo.»
Le nuove date e l’abbraccio di Bologna
Dopo il successo di Assago, “Rio Ari O Live”, lo stesso titolo della mostra che raccoglie le opere visive di Carboni al Museo della Musica di Bologna, farà tappa anche nella sua città con due concerti all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (24 gennaio e 19 aprile 2026). È stata inoltre annunciata una nuova data a Roma, il 12 marzo al Palazzo dello Sport.
Luca Carboni oggi è molto più di un artista tornato in scena: è un simbolo di resilienza e poesia, un uomo che ha attraversato la tempesta e ne è uscito con lo sguardo limpido di chi ha imparato a riconoscere la bellezza anche nella fragilità.
«La malattia – conclude – mi ha insegnato che ogni giorno è un dono. E oggi, finalmente, è di nuovo primavera.»
