Jerry Bruckheimer: “Armani ha cambiato il modo di vestire degli americani”

Il produttore cinematografico Jerry Bruckheimer ricorda l'impatto di Giorgio Armani sul film 'American Gigolò' e sulla moda maschile americana.

Il produttore cinematografico Jerry Bruckheimer ha ricordato nel corso di un’intervista al Corriere della Sera, l’influenza di Giorgio Armani sul film “American Gigolò” e sullo stile maschile negli Stati Uniti. Bruckheimer ha sottolineato come la collaborazione con lo stilista italiano abbia trasformato l’abbigliamento maschile americano, portando un’eleganza sofisticata e moderna.

Nel febbraio del 1980, un film destinato a diventare iconico non solo raccontava una storia, ma cambiava per sempre la moda maschile negli Stati Uniti. American Gigolò, diretto da Paul Schrader e prodotto da Jerry Bruckheimer, consacrava Richard Gere come protagonista e trasformava Giorgio Armani in un punto di riferimento per l’eleganza maschile americana.

Bruckheimer, pilastro di Hollywood con successi come Top Gun, Black Hawk Down e Formula 1, ricorda oggi quell’incontro con Armani come un momento cruciale:

«Prende le misure di John Travolta, ci mostra i tessuti che avrebbe usato, lini leggeri, shantung di seta, cotoni pregiati, tessuti lavorati e le cravatte, importantissime, e come si dovevano accostare al tutto. Un approccio ispirato e scientifico allo stesso tempo. Stabiliamo costi e tempi e partiamo».

Una rivoluzione silenziosa

Prima di allora, l’uomo americano vestiva in modo informale e senza forma: jeans, maglioni e look influenzati dagli anni hippie. Bruckheimer e Schrader volevano scuotere quel mondo, e Armani offrì la soluzione perfetta: un guardaroba elegante, raffinato, simbolo di una nuova virilità sofisticata.

«Paul Schrader vuole puntare sui costumi, inventare qualcosa di nuovo. Nel suo Taxi Driver il protagonista Robert de Niro è compulsivamente non sessuale e malvestito mentre l’American Gigolò è compulsivamente sessuale ed elegante. Dovevamo scuotere gli uomini americani. Ero d’accordo. Poteva essere un contributo innovativo importante per il film. Allora, gli uomini americani vestivano jeans e maglioni senza forma, goffi, severi, reduci dalle proteste e dall’influenza degli hippies. Una sfida affascinante e bellissima».

Il casting e il cambio di protagonista

Inizialmente il ruolo principale era pensato per John Travolta, reduce dal successo di Saturday Night Fever. Ma Travolta, devastato da lutti familiari, rinunciò all’ultimo minuto:

«John fa delle foto per Variety e annuncia il suo ruolo nel film. Poi rinuncia all’improvviso. Aveva perso a 41 anni per cancro sua moglie, poi la madre, il padre non stava bene. Era distrutto, tristissimo: non poteva interpretare il ruolo di un personaggio leggero e complesso allo stesso tempo».

La scelta ricadde così su Richard Gere. Armani dovette adattare rapidamente tutti gli abiti: Travolta e Gere non avevano la stessa altezza e proporzioni, e i vestiti già confezionati dovettero essere rifatti in fretta. Bruckheimer racconta:

«Un incubo! Anche perché John è molto più alto di Richard. Armani ha dovuto rifare tutto, modifiche, accorciare, tagliare, e di corsa. E avevamo scritturato Gere solo due settimane prima di girare il film! Giorgio non batte ciglio. Mobilita i suoi e rimette tutto a posto. Un grande professionista. E Richard fu la scelta migliore. Indossava gli abiti in modo impeccabile, elegantissimo in ogni scena, sempre con qualcosa di diverso e con accouterments che l’uomo americano si sognava. Un vero modello da passerella».

L’impatto sulla moda maschile

Il contributo di Armani non si limitava all’estetica: c’era un vero e proprio messaggio nei dialoghi del film. Come sottolinea Bruckheimer:

«C’è un messaggio esplicito anche nel dialogo. Julian Kay (Richard Gere) parlando con il detective che lo sta indagando per presunto omicidio gli dice: impara a vestirti, guarda come ti sta male quella giacca informe, guarda che orrendo tessuto… Ecco, quel momento diventa simbolico dello scossone che Giorgio Armani dà agli uomini americani, li cambia e lancia la sua meteora in un’orbita dalla quale non sarebbe più sceso».

Un incontro memorabile

Bruckheimer ricorda anche il lato umano di Armani:

«Sul piano personale gli racconto che ero di Detroit e che avevo cominciato come fattorino in un’agenzia di pubblicità. Mi disse che era di una piccola città italiana, che era arrivato a Milano per iniziare come vetrinista in un grande magazzino. Ci fu un momento di solidarietà. Tutti e due ce l’avamo fatta partendo da zero. In quel momento Giorgio dimostrò la sua grande umanità, quella che ha chi arriva partendo dal niente».

Il successo di American Gigolò e la fama di Armani rimasero strettamente legati: il film, la musica di Blondie e l’eleganza di Gere divennero un fenomeno globale. Per Armani fu la porta d’accesso a Hollywood e ai tappeti rossi, segnando l’inizio di un rapporto duraturo con le star internazionali.

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