Flotilla, altri 26 italiani lasciano Israele: le testimonianze degli attivisti

Ventisei italiani sono stati rimpatriati da Israele dopo essere stati fermati mentre partecipavano alla flottiglia diretta verso Gaza. Gli attivisti hanno presentato un esposto e raccontano quanto accaduto durante il fermo.

Ventisei cittadini italiani sono stati rimpatriati da Israele dopo essere stati fermati mentre partecipavano alla flottiglia diretta verso Gaza. Gli attivisti hanno presentato un esposto e raccontano quanto accaduto durante il fermo. Secondo alcune fonti, le operazioni di rimpatrio sono avvenute nella giornata di venerdì, con il gruppo che ha lasciato il Paese su un volo diretto a Roma.

Le operazioni di fermo e il rimpatrio

Secondo quanto riportato da Sky TG24, i 26 italiani facevano parte di un gruppo internazionale di attivisti che tentava di raggiungere la Striscia di Gaza via mare. Le autorità israeliane hanno fermato la flottiglia e condotto i partecipanti in un centro di detenzione. Repubblica riferisce che il gruppo è stato trattenuto per alcune ore prima di essere accompagnato all’aeroporto e imbarcato su un volo per l’Italia. Alcuni attivisti hanno dichiarato di aver subito la confisca dei telefoni e di altri dispositivi elettronici durante il fermo.

Le testimonianze degli attivisti

Il senatore del Movimento 5 Stelle, Marco Croatti, ha fornito un racconto diretto e preoccupante degli eventi legati al fermo della flottiglia diretta verso Gaza, descrivendo l’intervento delle forze israeliane come particolarmente duro e invasivo. “Hanno spaccato le telecamere con i mitra e ci hanno preso i telefonini. Hanno mandato via prima noi”, ha dichiarato Croatti, sottolineando la rapidità e la fermezza con cui è stato condotto il blitz da parte dell’esercito israeliano.

Secondo il senatore, il sequestro degli apparecchi elettronici — comprese telecamere e smartphone — avrebbe avuto l’obiettivo di impedire la documentazione video e fotografica di quanto stava avvenendo a bordo. Un gesto che, stando al racconto degli attivisti, ha alimentato tensioni e preoccupazioni tra i partecipanti alla missione umanitaria, molti dei quali hanno riferito di essere stati trattenuti in condizioni difficili, senza contatti con l’esterno e privati dei propri effetti personali per diverse ore.

Diversi membri della flottiglia hanno successivamente presentato un esposto alle autorità italiane, con l’intento di denunciare pubblicamente l’accaduto e sollecitare un’indagine ufficiale. La denuncia verte su presunte violazioni dei diritti fondamentali, tra cui la libertà di movimento e di espressione, oltre che sulle modalità del fermo stesso, che secondo alcune testimonianze sarebbe avvenuto in acque internazionali.

Il caso sta suscitando forti reazioni politiche e mediatiche, soprattutto alla luce del crescente dibattito sulla situazione umanitaria a Gaza e sul ruolo delle missioni civili nel contesto del conflitto. I promotori della flottiglia, tra cui esponenti di diverse organizzazioni umanitarie e parlamentari europei, avevano ribadito l’intento pacifico dell’iniziativa, mirata a portare attenzione sulla crisi in corso e a consegnare beni di prima necessità.

Ora, l’attenzione si sposta sulle autorità diplomatiche italiane, chiamate a fare chiarezza su quanto accaduto e a tutelare i diritti dei cittadini coinvolti. L’episodio aggiunge un ulteriore elemento di tensione in un quadro internazionale già fortemente compromesso, riaccendendo la discussione sulla legittimità delle azioni militari nei confronti delle missioni civili e sull’importanza di garantire trasparenza e rispetto delle convenzioni internazionali.

Le reazioni e le iniziative legali

Secondo quanto riportato da Repubblica, gli attivisti hanno chiesto l’intervento delle autorità italiane e internazionali per fare luce sull’accaduto. L’esposto presentato riguarda il trattamento ricevuto durante il fermo e la confisca dei dispositivi elettronici. Alcuni parlamentari italiani hanno espresso solidarietà agli attivisti e chiesto chiarimenti al governo. Le autorità israeliane, secondo alcune fonti, avrebbero giustificato il fermo con motivi di sicurezza legati al blocco navale su Gaza.

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