Addio a Gianni Berengo Gardin, maestro della fotografia italiana

Gianni Berengo Gardin, uno dei più grandi fotografi italiani del Novecento, è morto a 94 anni a Genova. Con oltre due milioni di negativi e più di 260 libri pubblicati, ha documentato l'evoluzione dell'Italia dal dopoguerra ad oggi, concentrandosi sull'uomo e sulla società.

Gianni Berengo Gardin, nato a Santa Margherita Ligure il 10 ottobre 1930, è scomparso a 94 anni a Genova. Considerava Venezia la sua vera città natale, dove aveva studiato e iniziato a fotografare negli anni Cinquanta. Nel 1965 si trasferì a Milano, avviando la carriera professionale. Ha collaborato con testate nazionali e internazionali, pubblicando oltre 260 libri fotografici e realizzando più di 360 mostre personali in tutto il mondo. 

Un artigiano della fotografia

Berengo Gardin si definiva “un artigiano”, rifiutando l’etichetta di artista. Sosteneva infatti, con una delle sue più celebri massime: “Il mio lavoro non è artistico, ma sociale e civile. Non voglio interpretare, voglio raccontare”. La sua fotografia in bianco e nero si concentrava sull’uomo e sulla società, documentando l’Italia dal dopoguerra alla modernizzazione. Ha immortalato la vita degli zingari, l’universo industriale, le periferie urbane e i manicomi, firmando reportage che hanno contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica.

Impegno sociale e riconoscimenti

Nel 1969, insieme a Carla Cerati e sotto la guida di Franco Basaglia, realizzò “Morire di classe”, un libro che denunciava le condizioni disumane dei manicomi italiani. Questo lavoro contribuì alla battaglia culturale che portò alla Legge Basaglia del 1978. Nel 1994 vinse l’Oscar Barnack Award per il reportage sulle comunità di zingari in Italia. Nel 2008 ricevette il Lucie Award alla carriera a New York. Nel 2009 l’Università Statale di Milano gli conferì la laurea honoris causa in Storia e critica dell’arte. 

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