Il comico Stefano Rapone ha costruito la sua cifra stilistica andando in controtendenza. Mentre molti colleghi di stand-up alzano il volume della voce, cercano l’applauso a comando e calcano la mano su pause e smorfie, lui procede all’opposto: toni bassi, zero ammiccamenti, niente enfasi. Lascia che siano i silenzi e le parole misurate a fare il lavoro, permettendo al pubblico di arrivare alla risata quasi da sé.
Una formula che funziona: con Tintoria, il videopodcast condotto insieme a Daniele Tinti, è tra i più seguiti in Italia; in tv è passato dal Gialappa’s Show a In&Out; e con il libro Racconti scritti da donne nude è arrivato persino nella dozzina finalista del Premio Strega. Quasi quarantenne, è ormai tra i nomi più ascoltati della nuova stand-up italiana.
«La satira politica nasce da un forte senso morale»
In un’intervista al Corriere della Sera, Rapone racconta il cuore della sua comicità: «Per me è un tema fondamentale. Ho imparato osservando Daniele Luttazzi che chi fa satira politica di solito è una persona che ha un forte senso morale: si tratta di mettere in luce le cose che ci indignano».
Colpire a destra è, per lui, quasi una naturale conseguenza. Anche attraverso gesti simbolici e provocatori, come il saluto romano, che utilizza nei suoi sketch: «Non per banalizzarlo, ma per far notare come gli altri lo facciano ormai con disinvoltura. La realtà è talmente ridicola che è difficile superarla».
Satira e contesto politico
Rapone non nasconde che il bersaglio politico influisca sul lavoro di un comico: «Con la sinistra al governo sarebbe più difficile. Ha adottato la strategia dell’opossum: quella di fingersi morti senza prendere posizioni». Una battuta che è anche una stoccata, fedele alla sua idea di satira come strumento di denuncia, non di compiacimento.
La serietà come arma comica
Nel panorama della comicità italiana, spesso dominato da ritmi frenetici e punchline fulminanti, Rapone si distingue per un approccio minimalista che restituisce forza al contenuto più che alla forma. È la serietà, paradossalmente, a diventare la sua arma più efficace: una lente che ingrandisce il paradosso, il ridicolo, l’ipocrisia.
Dalla dimensione intima di un podcast registrato tra amici, ai palchi televisivi, fino al riconoscimento letterario, il percorso di Stefano Rapone dimostra che in un’Italia dove la realtà politica supera spesso la fantasia, la satira non ha bisogno di urlare per farsi sentire. Basta guardare, scegliere il momento giusto e lasciare che il pubblico, tra una pausa e un silenzio, si accorga da solo di quanto sia assurdo ciò che vede ogni giorno.