Mostra del Cinema di Venezia: Pupi Avati scettico sulla marcia pro Gaza

Il regista Pupi Avati esprime dubbi sull'efficacia della manifestazione pro Gaza durante la Mostra del Cinema di Venezia, sottolineando l'importanza di azioni più incisive per affrontare la crisi in Palestina.

Durante la Mostra del Cinema di Venezia, oltre 5.000 persone hanno partecipato a una marcia in sostegno di Gaza, manifestando contro l’invasione della Striscia da parte di Israele. Tra i partecipanti, numerosi artisti come Emanuela Fanelli, conduttrice della cerimonia d’apertura, e l’attore Michele Riondino. Tuttavia, il regista Pupi Avati ha espresso scetticismo riguardo all’efficacia di tali iniziative.

Pupi Avati: “Una marcia non può cambiare le cose”

In un’intervista al Corriere della Sera, Pupi Avati ha dichiarato: “Ma davvero pensiamo che una marcia a Venezia durante la Mostra del Cinema possa cambiare le cose?” Ha aggiunto che, partecipando a tali manifestazioni, si perde un’ulteriore occasione per parlare di cinema. Avati ha sottolineato la sua natura indipendente, affermando: “Sono sempre stato un cane sciolto… ho sempre cercato di avanzare una mia visione”. Pur riconoscendo l’orrore della situazione in Palestina, ha espresso disincanto sull’efficacia di una marcia a Venezia nel cambiare le cose. 

La posizione di Venice4Palestine e le richieste al festival

Il collettivo Venice4Palestine ha organizzato la manifestazione, chiedendo al festival di condannare pubblicamente la crisi umanitaria in Gaza e di revocare gli inviti agli attori Gal Gadot e Gerard Butler, noti per il loro sostegno al governo israeliano. Il festival ha respinto la censura, mantenendo la partecipazione degli artisti. Avati ha commentato: “Impedire a due attori di partecipare è un’operazione che non aiuta la costruzione di rapporti di pace”. 

La Mostra del Cinema tra arte e politica

La 82ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia si svolge in un contesto di tensioni geopolitiche, con la guerra in Gaza al centro dell’attenzione. Il festival ha incluso film che affrontano direttamente la crisi, come “The Voice of Hind Rajab”, che racconta la morte di una giovane palestinese. Il direttore del festival, Alberto Barbera, ha sottolineato l’importanza di mantenere il festival come piattaforma di dialogo, evitando dichiarazioni politiche o boicottaggi. 

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