Raphael Bob-Waksberg, creatore di “BoJack Horseman”, torna con una nuova serie animata su Netflix: “Long Story Short”. La serie segue le vite dei fratelli Schwooper, dalla loro infanzia fino all’età adulta, all’interno di una famiglia ebraica di classe media.
Una narrazione che mescola dramma e comicità
“Long Story Short” combina dramma intenso e comicità surreale. L’animazione permette di rappresentare situazioni straordinarie, come un’invasione di lupi in una scuola, mantenendo credibilità e forza narrativa. Il primo episodio presenta un colpo di scena che cattura immediatamente l’attenzione dello spettatore, preparando il terreno per una serie che alterna momenti emotivi a gag ironiche. Pur differenziandosi da “BoJack Horseman”, la serie mantiene la capacità di esplorare i rapporti familiari in modo profondo e autentico.
Un messaggio chiaro contro l’uso dell’IA nella produzione artistica
Al termine di ogni episodio, appare un messaggio che recita: “This Programme Was Made By Humans” (“Questo programma è stato realizzato da umani”). In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale assume un ruolo sempre più invasivo nella produzione cinematografica e televisiva, questa dichiarazione diventa un manifesto del valore del lavoro umano. Non si tratta solo di una frase simbolica, ma di un riconoscimento pubblico della creatività, della fatica e dell’ingegno degli artisti che hanno lavorato alla serie, e un chiaro segnale contro l’uso dell’IA per sostituire l’intervento umano nella creazione di contenuti originali.
Un fenomeno che coinvolge l’industria cinematografica
Non è un caso isolato. Nei mesi scorsi, Universal Pictures ha inserito avvisi simili in film come “The Bad Guys 2”, “How to Train Your Dragon” e “Jurassic World Rebirth”, sottolineando che i loro contenuti non possono essere utilizzati per addestrare sistemi di intelligenza artificiale. Questi avvisi fanno riferimento alla direttiva europea 2019/790, che tutela i diritti d’autore anche contro l’uso dei contenuti digitali per la formazione di algoritmi. L’obiettivo è chiaro: difendere la proprietà intellettuale e contrastare pratiche che rischiano di sfruttare materiale protetto senza consenso.
Nonostante le complessità legali, la scelta di Bob-Waksberg e di altre produzioni di evidenziare il lavoro umano ha un forte valore culturale. “Long Story Short” non è solo una serie che intrattiene; è anche un manifesto sulla centralità della creatività e della manualità nella produzione artistica. In un’epoca in cui l’industria cinematografica e televisiva sembra sempre più tentata dall’automazione, quei pochi secondi alla fine degli episodi ricordano al pubblico che esiste ancora uno spazio per storie fatte con cuore, ingegno e dedizione.