Il figlio di Bruno Lauzi: “García Márquez era un suo fan. Non vendeva dischi ma riempiva le piazze”

Maurizio Lauzi racconta aspetti inediti del padre Bruno, tra cui le sue opinioni su Luigi Tenco, l'ammirazione di García Márquez e la stima per Enrico Ruggeri.

Un metro e cinquantasei d’altezza, ma «per lui la vera unità di misura era il cervello». Così Maurizio Lauzi descrive suo padre Bruno in un’intervista al Corriere della Sera: un «gigante in miniatura», nato ad Asmara l’8 agosto 1937, lo stesso giorno di Dustin Hoffman. Ironico fino alla fine, amava scherzare persino sul Parkinson: «In foto vengo mosso», diceva, alludendo al tremore della malattia.

Un anticonformista controcorrente

Bruno Lauzi non prese mai la patente – «alle ragazze rispondeva: vengo col 41», ricorda il figlio – e non si curava del look. In tv si presentava con cardigan improbabili, senza preoccuparsi dell’aspetto. Schietto e diretto, si definiva «anarchico alla Camus» e cantava di essere «l’unico ad andare contromano».

La sua amicizia più vera fu con Luigi Tenco, di cui percepiva la fragilità: «andava in giro con la pistola e diceva che prima o poi l’avrebbe usata». Ma soprattutto Lauzi ha lasciato canzoni diventate patrimonio della musica italiana: Ritornerai, Il poeta, Onda su onda, Genova per noi. Molti brani celebri portano la sua firma, da Piccolo uomo a Almeno tu nell’universo per Mia Martini, che per Maurizio resta il rapporto artistico più gratificante di suo padre.

Successi, passioni e rimpianti

Ispirato dal jazz, dai musical anni ’40, dal Brasile e dalla chanson francese (traduce Moustaki e Hallyday), stimava Vecchioni, Guccini e Bertoli, mentre vedeva in Ruggeri il suo erede naturale. Pur poco considerato dal mercato discografico, il pubblico lo amava: «non vendeva dischi, ma riempiva le piazze», ricorda Maurizio, «tra i suoi estimatori c’era persino García Márquez».

Fu un padre presente, amante dei funghi e dei gialli di Simenon, Pennac e Rex Stout. Con la moglie Giovanna produsse anche un vino, La Celesta, apprezzato da Veronelli. Restano alcuni rimpianti: il rifiuto di una parte in di Fellini per seguire Mina in tour, e la mancata occasione di vedere Maurice Chevalier dal vivo.

Il segreto di Bruno

Molti ricordi di Lauzi sono ora custoditi nel nascente Museo dei Cantautori di Genova: lettere, cravatte, una chitarra. E soprattutto un bastone nero con impugnatura in ottone a forma di cane che, svitato, nascondeva un portasigari con dentro peperoncino calabrese in polvere. «Così non doveva chiederlo mai a nessuno», racconta Maurizio. 

le ultime news