Il format “Belve Crime”
“Belve Crime” è la nuova versione dedicata al true crime del programma “Belve”, condotto da Francesca Fagnani. Lo spin-off si concentra sui casi di cronaca nera più noti e controversi d’Italia, adottando uno stile diretto, intenso e privo di filtri. La prima puntata, trasmessa martedì 10 giugno 2025 su Rai 2, ha scelto come protagonista Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. L’intervista si svolge tra le mura del carcere di Bollate, in un clima teso, con Bossetti che risponde con fermezza ma anche con un tono di confusione e incredulità.
Il caso Yara Gambirasio
Il delitto che ha sconvolto l’Italia ha per vittima Yara Gambirasio, una ragazzina di 13 anni scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo. Il suo corpo viene ritrovato dopo tre mesi, il 26 febbraio 2011, in un campo di Chignolo d’Isola. Le indagini ruotano attorno a una traccia biologica misteriosa, chiamata “Ignoto 1”, rilevata su indumenti intimi della vittima. Per anni questo profilo genetico resta senza volto, fino a quando nel giugno del 2014 il DNA nucleare dell’“Ignoto 1” viene identificato con quello di Massimo Bossetti, arrestato e poi condannato all’ergastolo dopo un processo durato anni, con conferme in appello e in Cassazione.
I temi principali dell’intervista
Il cuore dell’intervista si concentra sulla prova genetica, quella che ha deciso il destino di Bossetti. Francesca Fagnani lo mette di fronte all’evidenza: il DNA nucleare rinvenuto sugli slip e sui leggings di Yara coincide con il suo. Bossetti, però, reagisce con incredulità, definendo tutto “assurdo” e “incompreso”. Spiega che non riesce a capire come il suo DNA possa essere finito lì. Viene approfondita la differenza tecnica tra DNA nucleare e DNA mitocondriale: mentre il primo, quello forense, è un’identificazione univoca della persona, il secondo non era stato rilevato nei reperti. Questa mancanza rappresenta una discrepanza che Bossetti porta avanti come elemento centrale della sua difesa.
Quando Fagnani lo incalza sulla domanda più cruciale – come il suo DNA sia finito sugli indumenti della vittima – Bossetti si limita a ripetere la sua perplessità, sottolineando di non avere risposta. La conversazione tocca così il cuore del mistero che avvolge il caso, con il condannato che rivendica la propria innocenza di fronte a una prova genetica che per lui appare inspiegabile.
Le argomentazioni difensive
Nel corso degli anni, la difesa di Bossetti ha più volte contestato la validità e la correttezza dell’uso della prova del DNA. Tra i punti fondamentali della strategia difensiva c’è la presunta incongruenza tra il DNA nucleare, che identifica con certezza un individuo, e il mancato riscontro del DNA mitocondriale, che secondo i difensori sarebbe un’anomalia significativa. Viene inoltre sollevata l’ipotesi di contaminazioni o trasferimenti accidentali del materiale genetico, forse avvenuti durante le indagini o con strumenti da lavoro, anche se queste tesi non sono state accolte dalla giustizia.
Un altro elemento discusso è la modalità di raccolta e conservazione dei reperti, ritenuta dalla difesa non del tutto affidabile, con un quadro che avrebbe impedito una verifica completa e trasparente delle tracce genetiche. Tuttavia, la Corte ha ritenuto queste critiche insufficienti a mettere in discussione la sentenza.
La forza della prova genetica
Per la giustizia italiana, il DNA nucleare rappresenta una prova schiacciante. Secondo le sentenze, il profilo genetico trovato sugli indumenti di Yara è univoco e la probabilità di errore è praticamente nulla. I giudici hanno calcolato che per trovare un altro individuo con lo stesso profilo genetico servirebbero probabilità astronomiche, tanto da richiedere un numero di universi paralleli molte volte superiore a quello esistente. Questo dato scientifico è stato alla base della condanna definitiva di Bossetti, che resta l’unico imputato per l’omicidio della giovane.
Altri protagonisti della puntata
“Belve Crime” non si limita a Bossetti. La puntata include anche altre testimonianze di figure importanti della cronaca nera italiana, come Eva Mikula, ex compagna di Fabio Savi, noto per la banda della Uno Bianca, Tamara Ianni, collaboratrice di giustizia nel caso clan Spada, e Mario Maccione, ex membro delle Bestie di Satana ora pentito. Questi interventi arricchiscono il racconto, inserendo il caso di Bossetti in un quadro più ampio di crimini e giustizia.