Sabato 20 settembre ore 8:15 – Trombocitopenia immune

“Trombocitopenia immune è un nome difficile e più correntemente la chiamiamo piastrinopenia immune. È una malattia del sangue in cui c’è carenza di quelle frazioni di cellule che si chiamano piastrine, che sostanzialmente fermano il sangue quando abbiamo un problema di ferite, lacerazioni o emorragie. Avere una carenza di piastrine significa essere un pochino più fragili nel riparare qualcosa che possa sanguinare”. A parlare è la dottoressa Elena Rossi, professore associato di Ematologia all’Università cattolica del Sacro Cuore, intervenuta ai microfoni di Radio Kiss Kiss per le Pillole di Salute del network editoriale Presa Prevenzione Salute.

Professoressa, può descriverci i sintomi?

“La carenza di piastrine si manifesta con ematomi, facilità e prolungamento di sanguinamento da eventuali ferite. Queste possono essere anche manifestazioni lievi, non necessariamente severe e gravi, ma sono comunque una spia di qualcosa nel sistema emostatico coagulativo che non funziona bene”.

In che modo la malattia impatta sulla qualità di vita dei pazienti?

“Ricordiamo che si tratta di una malattia ematologica benigna. Tuttavia, avere una fragilità e una predisposizione al sanguinamento è una condizione che dal punto di vista della qualità della vita può avere un forte impatto. Chi è a rischio di emorragie ha più paura, ad esempio, se deve eseguire interventi anche semplici, oppure se deve praticare sport che possono portare al contatto e al trauma.”

Qual è il ruolo della conta delle piastrine?

“Avere una buona conta delle piastrine garantisce una qualità di vita migliore, uguale a quella della popolazione generale, con meno paura di sanguinamenti o emorragie. Per non avere sanguinamenti spontanei basta avere 30.000 piastrine e non necessariamente una conta normale. La conta normale va dalle 150.000 fino a 400.000, ma già con 30.000 piastrine non abbiamo un rischio di sanguinamenti spontanei”.

Eppure, in alcune circostanze, servono valori più alti…

“Ci sono situazioni in cui è necessario averne di più: se devo fare un intervento o se devo prendere dei medicinali. In sintesi, la conta di sicurezza è sopra le 30.000 piastrine e la qualità della vita di un paziente è ottimale per noi se siamo sopra questa soglia”.

Quali sono oggi i trattamenti disponibili?

“C’è tanta attenzione su questa malattia e ricordiamo a tutti che la prima linea di trattamento quando si riscontra una piastrinopenia immune è sempre un tentativo di terapia con il cortisone”.

Molti pazienti si spaventano quando sentono parlare di cortisone…

“Non bisogna essere spaventati, perché è un tentativo che va sempre fatto. Se ci sono situazioni maggiormente gravi o di emergenza, invece, si possono usare delle immunoglobuline in infusione”.

E se la malattia tende a cronicizzare?

“In quel caso, laddove il cortisone non abbia fatto risalire le piastrine in maniera stabile, abbiamo delle terapie di seconda linea. Possiamo stimolare il midollo a produrre più piastrine di quelle che distruggiamo. Un altro trattamento oggi disponibile è la possibilità di ‘dire’ alla milza, che è l’organo che consuma le piastrine, di distruggerne di meno, tramite un farmaco che inibisce una proteina che facilita l’eliminazione delle piastrine”.

Ci sono novità dalla ricerca?

“Questi sono i trattamenti attuali, ma c’è tanta ricerca per migliorare soprattutto la vita dei pazienti con una piastrinopenia cronica. Oggi, infatti, ci sono anticorpi monoclonali che cercano di inibire le cellule che producono gli anticorpi autoimmuni e molti altri farmaci arriveranno presto”.

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