Malattie cardio-nefro-metaboliche: prevenzione e cure integrate

Diabete, obesità, ipertensione, malattie cardiovascolari e danno renale non sono capitoli separati. «Quando parliamo di malattie cardio-nefro-metaboliche parliamo di un insieme molto ampio di condizioni croniche che riguardano cuore, rene e metabolismo», spiega ai microfoni di Radio Kiss Kiss Eugenio Di Brino, economista sanitario e fondatore di Altems Advisory, spin off dell’Università Cattolica. «Oggi la medicina ci dice che sostanzialmente sono un unico continuo: quando uno di questi organi comincia a funzionare male aumenta il rischio che anche gli altri vengano danneggiati». I numeri descrivono una vera sfida di sanità pubblica: «Sono patologie che colpiscono oltre 9 milioni di persone in Italia, con un aumento di circa 900 mila nuovi casi l’anno». Una “multimorbidità” che, sottolinea Di Brino, pesa in modo particolare «nel Centro-Sud» e chiede al sistema risposte più solide e coordinate per garantire sostenibilità e equità al Servizio sanitario nazionale.
Proprio con questo obiettivo, nell’ultimo anno è nato un lavoro di raccordo tra attori diversi. «Abbiamo lavorato per creare un Forum cardiovascolare che ha riunito più di 10 società scientifiche, 10 associazioni di pazienti, e le istituzioni nazionali e regionali», racconta. La direzione è chiara: «Capire come gestire queste patologie non più a silos, ma in modo coordinato, in forma di team multidisciplinare». Dal Forum e dal relativo position paper emerge la richiesta di un modello integrato che “tenga insieme” i passaggi decisivi: «Prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico continua», sintetizza Di Brino. Tre i pilastri su cui agire: «Rafforzare prevenzione e diagnosi precoce, dare centralità al medico di medicina generale e alle reti territoriali (compresi i farmacisti) e garantire modalità di accesso alle terapie innovative quando si arriva tardi».
A questo, aggiunge, si intreccia la “grande partita” della sanità digitale: «Il rinnovamento del Servizio sanitario nazionale passa dall’uso del Fascicolo sanitario elettronico per l’interoperabilità del dato, ma anche da telemonitoraggio e televisite e dall’integrazione tra ospedale e territorio». L’obiettivo è concreto: «Ridurre i ricoveri evitabili e garantire continuità assistenziale, rendendo il percorso del paziente più fluido e sicuro». La “buona notizia”, insiste Di Brino, è che su queste patologie la prevenzione può incidere davvero. «È assolutamente possibile ed è la strategia più efficace per ridurre l’impatto delle patologie cardio-nefro-metaboliche: prevenire significa ridurre nuove diagnosi, evitare complicanze, abbattere i costi del Servizio sanitario nazionale». E non solo: «Ha un impatto anche sulle liste d’attesa: se preveniamo, alleggeriamo il carico sugli ospedali e spostiamo sul territorio la vera messa a terra della prevenzione».
Di Brino descrive tre livelli di intervento. Il primo è la prevenzione di prossimità: «Portare la prevenzione nei luoghi di vita quotidiani: scuole, luoghi di lavoro, farmacie, Case di comunità». Il secondo è la prevenzione clinica personalizzata per chi ha fattori di rischio: «Servono programmi strutturati e controlli periodici: funzione renale, profilo lipidico, ECG, valutazione del rischio globale, non per singolo organo». Il terzo livello riguarda gli stili di vita, la parte che chiama direttamente in causa comportamenti e abitudini: «Dalla camminata quotidiana a un’alimentazione accurata, controllo del peso, consumo moderato di alcol, stop al fumo: sono azioni con cui possiamo proteggere la salute». Il messaggio finale è un invito a cambiare prospettiva: meno frammentazione, più continuità. «Sono interventi di salute pubblica ad altissimo valore», conclude Di Brino, «perché aiutano a prevenire, evitare complicanze e mantenere il Servizio sanitario nazionale sostenibile ed equo».

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