Si tratta di un evento unico in Europa.
Tra Meta e Siae non si è trovato il punto d’incontro per proseguire l’accordo che permetteva alle piattaforme di Mark Zuckerberg, principalmente Facebook e Instagram, di utilizzare la musica tutelata dalla Società Italiana degli Autori ed Editori. I primi commenti dalle società interessate non si sono fatti attendere. “La tutela dei diritti d’autore di compositori e artisti è una priorità di Meta” ha affermato un portavoce dell’azienda californiana, proseguendo poi: “Crediamo che sia un valore per l’intera industria musicale permettere alle persone di condividere e connettersi sulle nostre piattaforme utilizzando la musica che amano”. Mentre l’ente che protegge i diritti d’autore ha parlato di una “scelta unilaterale e incomprensibile”.
Proviamo a ricostruire gli eventi. Durante la fase di rinnovo dell’accordo, Siae denuncia un cambio unilaterale dei termini contrattuali. Da una nota, la società rende noto che “A Siae viene richiesto di accettare una proposta unilaterale di Meta prescindendo da qualsiasi valutazione trasparente e condivisa dell’effettivo valore del repertorio. Tale posizione, unitamente al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, è evidentemente in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright per la quale gli autori e gli editori di tutta Europa si sono fortemente battuti”
“Siae non accetterà imposizioni da un soggetto che sfrutta la sua posizione di forza per ottenere risparmi a danno dell’industria creativa italiana” – recita inoltre il comunicato.
Da parte sua, Meta ha ribadito la volontà di garantire una fruizione completa della musica sulle proprie piattaforme, ma per ora non ha risposto al duro comunicato sopra citato. Per ora, quindi, non sarà possibile inserire la musica protetta da Siae nei contenuti di Instagram e Facebook. Le canzoni in questione, chiaramente, sono in stragrande maggioranza quelle italiane
È arrivato anche il commento di Mogol sulla vicenda. “Queste piattaforme guadagnano miliardi e sono restie a pagare qualcosa. Gli autori vivono grazie ai diritti d’autore e la nostra è una battaglia giusta che facciamo di difesa degli autori” – ha affermato l’autore, concludendo così: “È una battaglia sacra che abbiamo portato anche in Parlamento, ma da 7-8 mesi è tutto fermo ai decreti attuativi. Se la situazione non si sblocca è una battaglia che abbiamo perso”.