In un’intervista esclusiva ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, Renato Zero ripercorre la sua vita, tra episodi curiosi, affetti familiari e amicizie celebri. Dai primi passi nella musica alle vicende più incredibili, l’artista romano racconta un percorso fatto di creatività, coraggio e ironia.
L’incidente con Roberto D’Agostino
Tra i ricordi più vividi c’è un episodio che avrebbe potuto avere conseguenze ben più serie: «Guidava un nostro amico, alto un metro e mezzo. Sbandò e la 500 rotolò sul marciapiede. La vetrina che sfondammo era quella di Scifoni, celebre negozio di pompe funebri, in via Sicilia. Uscii dal tettuccio della 500 e pensai: “Sono già un angelo”. Avevo una tutina attillata, i capelli neri lunghi, e sì, mi portarono nel reparto femminile, inseguito da Roberto che gridava: “C’è un errore! È un uomo! A’ Renatì, faje vedè er pisello!”».
Amicizie e confronti
Renato Zero racconta anche episodi di vita mondana e amicizie celebri, come quella con Loredana Bertè: «Eravamo a cena in un ristorante di Manhattan… io gli dissi che si sbagliava, che diceva bugie come Pinocchio… Il matrimonio finì in fretta».
E ancora l’incontro con Adriano Panatta: «Appuntamento a piazza Venezia… Ero vestito appariscente, alla mia maniera: stivali, tuta, mantello. “Non sarà mica questo?”. E lei, entusiasta: “Sì, certo!”».
La famiglia e il sostegno paterno
Un capitolo importante della sua formazione è legato al padre poliziotto: «Abitavo nella casa di una cooperativa di poliziotti… Mio padre mi sorprese con un fagotto. “Che hai lì dentro?”. “Nulla papà”. “Fammi vedere”. C’era qualche boa di piume, qualche tutina di lurex. Mi disse: “Non hai più bisogno di nasconderti, vestiti come vuoi, da domani esci così”».
Il legame con la madre Ada e la spiritualità della sua terra natale nelle Marche completano il quadro di un’infanzia segnata da energia e sostegno familiare.
Il Triangolo
Renato Zero racconta il significato dietro “Triangolo”: «Lo avevo considerato. Una volta è successo, ma ce n’era uno di troppo. Infatti canto: “Lui chi è?”. Allora il giudizio era meno severo, facevi esperienze a tuo rischio e pericolo e mettevi via».
Vita quotidiana e retate
Zero ricorda le retate al Piper: «Erano convinti che fossimo tutti terroristi o drogati…». E racconta un episodio con la polizia che lo portò al Fatebenefratelli: «Mi hanno dato i tranquillanti e finalmente sono riuscito a riposare».
Non mancano episodi di confronti con i ragazzi di borgata: «Gli chiesi: “Ti ho fatto qualcosa di male? Che cos’è di me che non ti piace, se nemmeno mi conosci?”. Alla fine lui disse agli amici: “Vabbè, annamosene”».
Amori e relazioni
Renato Zero parla anche della sua compagna storica, Lucy Morante: «Non ho mai preteso, solo dato… Lucy Morante, che è stata la mia compagna da sempre, è ancora qui… Ha sposato me e il mio personaggio».
Ricorda inoltre il rapporto con Enrica Bonaccorti e l’origine del suo nome d’arte: «Mi fece fare un disco… “Però ti devi trovare un nome. Fiacchini non va bene”. Risposi: “Fiacchini è fiacco, vale poco, vale zero”. “Ecco, ti chiamerai Renato Zero”».
Riflessioni e musica
Dalla politica al nuovo album L’OraZero, Zero osserva: «Racconto che siamo tutti soldati, nostro malgrado… significa che adesso siamo ancora in grado di acquisire una coscienza e una consapevolezza delle responsabilità che dovremmo prenderci nei confronti di quello che succede nel mondo…».
Non manca la memoria degli amici transessuali e dei gruppi storici di Napoli, che l’hanno accompagnato in momenti di leggerezza e gioia: «A Natale mi venivano a tenere il panariello… e io mi ammazzavo dal ridere».
Conclusione
Tra ricordi buffi, episodi di vita vissuta e riflessioni profonde, l’intervista di Renato Zero al Corriere della Sera restituisce il ritratto di un artista unico, capace di unire ironia, sensibilità e amore per la propria arte.