The Jackal: “Vi presentiamo la nostra serie tv. Nuovi social? Sono come un reality”

Ospiti negli studi di Radio Kiss Kiss, Fabio, Fru, Aurora e Ciro, The Jackal, ci hanno parlato del loro nuovo progetto e non solo!

The Jackal sono stati ospiti in Dedikiss.

Sono i pionieri dei creator, sono attivi e virali praticamente dal 2006, oggi ci presentano la loro serie. Sono con noi i The Jackal!

Fru: «Buonasera!»

Fabio: «Ci tengo a dire che io sono Fabio e lui è Fru.»

Fru: «I più attraenti del gruppo The Jackal. Mi dispiace per chi non guarda dalla televisione.»

Fabio: «Si perdono un'immagine allettante.»

Parliamo di "Pesci piccoli". Raccontate una realtà dell'Italia, è qualcosa in più di una semplice serie comedy. Ce la raccontate?

Fabio: «C'è il comedy, ma ci sono spunti malinconici, che è la base della commedia all'italiana. Però ci tenevamo tanto a raccontare non solo la nostra realtà, ma anche chi lavora dietro le quinte e non ci mette la faccia. The Jackal è un gruppo di circa 20 persone, volevamo raccontare la struttura e tutte le persone che pur non comparendo, fanno tantissimo lavoro per noi. Ma soprattutto raccontare una mentalità, perché Pesci piccoli racconta la dignità di avere un lavoro che non cambierà il mondo, non finirà sulle copertine, però ogni lavoro è dignitoso. In un'epoca in cui tutti sono in vetrina, noi esaltiamo la normalità.»

Fantastico! Fru, è vero che fai il voice over nella seconda puntata?

Fru: «In una puntata faccio il voice over della vita degli altri, quindi decido la vita degli altri.»

Lo fai anche in ufficio?

Fru: «Sì, alcune volte sì. È una cosa che è nata qualche anno fa.»

Fabio: «Lui mi dà i comandi e li realizzo.»

Fru: «Decido la vita degli altri a piacimento. Ma il bello è che non sono io che comando, in realtà sono gli altri che vogliono essere guidati.»

Quindi da storie di vita vera...

Fabio: «Ci sono tanti spunti che abbiamo preso da cose vissute in prima persona o situazioni da cui abbiamo tratto ispirazione per racconti un po' più per iperbole.»

Una serie fatta da napoletani, ambientata a Napoli. Si può dire che Napoli è la capitale dei tiktoker?

Fabio: «Anche. Però hai dimenticato una cosa, una serie fatta da napoletani, ambientata a Napoli e non c'è la camorra! Abbiamo scelto questa cosa diversa. Non c'è nemmeno la pizza, c'è una piadina. E non ci sono i panni stesi.»

Come mai?

Fru: «Non volevamo che nessuno la vedesse.»

Fabio: «Esatto. Abbiamo messo il Vesuvio ogni tanto per connotare il luogo.»

Però c'è tanta Napoli.

Fabio: «Sì, c'è una Napoli contemporanea, che esalta il quotidiano e che si apre al nuovo. Un punto di vista diverso da quello tradizionale.»

Fru: «Non per questo non vero, anzi forse più vero.»

Fabio: «Perché calca meno quegli stereotipi facili da vendere.»

Quindi anche quegli stereotipi non facili da trovare ma che esistono.

Fru: «Li abbiamo raccontati ma non per una scelta particolare, non abbiamo fatto una versione educata contro gli stereotipi. Una versione educata di Mare fuori

Fabio: «È la nostra realtà, e nel momento in cui esiste diventa un punto di vista diverso.»

Vi capita mai di essere su TikTok e fare scouting?

Fabio: «Continuamente. Ci capita di guardare non solo su TikTok. Siamo sempre attenti an tutti i talent, a chiunque ci circondi.»

E infatti nella serie ci sono tiktoker, volti della musica, dello spettacolo.

Fabio: «La cosa importante è che siano funzionali alla narrativa. Non prendiamo il personaggio famoso come operazione.»

Sono arrivati con noi in diretta Ciro e Aurora. Ciao ragazzi!

Aurora: «Ciao ragazzi!»

Ciro: «Buon pomeriggio.»

Voi avete sfondato definitivamente nel 2011 con "Lost in Google", ora la vostra serie tv. È un cerchio che si chiude? O si apre?

Ciro: «Il cerchio preferisco chiuderlo tra migliaia di anni. Diamo continuità alle nostra passione, cioè raccontare storie.»

Chi sono i "pesci piccoli"?

Aurora: «Siamo noi che interpretiamo le persone che lavorano dietro le quinte. Anche se ognuno di noi conserva il suo personaggio, c'è anche un lavoro di interpretazione. Ad esempio, Ciro fa il montatore video, io la project manager quindi quella che organizza tutto.»

Ci sono anche tante special guest.

Ciro: «Quello è stato un nostro marchio di fabbrica da sempre. Ci piaceva l'idea che ci fossero dei personaggi famosi che sapessero un po' prendersi in giro, perché questa è la prerogativa per lavorare con The Jackal.»

Come mai la scelta di prenderli da mondi diversi? Per ricondurre di più alla vita vera, perché preferivate quelli, come avete scelto?

Aurora: «Noi andiamo a pescare ovunque perché anche noi siamo così, siamo trasversali. Alla fine noi scriviamo delle cose e pensiamo a chi ci farebbe ridere in quella situazione. Ad esempio, Achille Lauro che fa la star con i vizi ci faceva ridere tantissimo, Herbert Ballerina nella prima puntata fa molto ridere perché interpreta un famoso tiktoker.»

Ciro: «E potreste riconoscerlo.»

Aurora: «E Giovanni Muciaccia, che è sempre stato il volto buono della nostra infanzia, è buono anche nella serie, nel ruolo di quello che porta le piadine a Ciro ogni giorno.»

Ciro: «Sono personaggi costruiti per essere interpretati da chiunque. Poi è un caso che siano stati loro, ma sono costruiti ad hoc.»

A proposito di tiktoker. Prima sui social si diventava virali costruendo i video, scrivendoli. Oggi...

Ciro: «È un po' cambiato, si seguono i trend. Anche se ultimamente TikTok è diventata una piattaforma adatta ai content creator come c'erano prima su YouTube.»

Ora però puoi diventare virale cucinando un panino o pulendo lo schermo del telefono.

Aurora: «È una cosa incalcolabile, non si capisce bene cosa venga premiato dall'algoritmo. Siamo in un'era di spontaneità.»

Ciro: «Il Grande Fratello insegna. I social diventano un Grande Fratello della vita reale, a un certo punto è anche affascinante capire cosa c'è dietro un mestiere. Se ci pensi non te l'ha mai raccontato nessuno. Ne capisco il fascino.»

C'è qualcosa su TikTok che ti fa sentire boomer? Magari la vedi lontana da te.

Ciro: «Di base no. Io che sono molto aperto cerco sempre di rinnovarmi di volta in volta. Però capisco che c'è un modo di parlare dei giovani che non capisco. Banalmente, adesso i ragazzi parlano degli altri ragazzi dicendo "lui è un 2005, lui è un 2009". E si fanno questo calcolo a mente che non è facile.»

The Jackal, poi, hanno giocato tutti insieme al nostro gioco "meglio grosso o saperlo usare"? Guarda qui o nel vodcast le loro risposte!


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