Subsonica: “Ecco come nascono i nostri album e i tour. “Mattino di luce” parla di disforia di genere”

I Subsonica sono stati negli studi di Radio Kiss Kiss per parlarci del loro decimo album, del tour, della loro carriera e tanto altro.
L’intervista dei Subsonica in Dedikiss

È con noi per presentare il proprio decimo album un gruppo che ha fatto la storia del rock elettronico in Italia: i Subsonica!

«Buongiorno! Addirittura, che presentazione.»

Samuel e Max, una parte dei Subsonica possiamo dire.

«Noi siamo un’equipe di cinque elementi e guai a non pensare a questa cosa.»

Siete al decimo album, complimenti. Ma sapete che la domanda più gettonata su di voi su Google è “quando si sono sciolti i Subsonica?”

«C’è questa folle idea in giro per il web. Abbiamo un po’ dato l’impressione, perché siamo cinque persone con grande carattere musicale e voglia di esprimerlo. Negli interstizi tra un disco e l’altro ci permettiamo dei viaggi in solitaria. Quindi all’esterno sembra che i Subsonica ogni tanto si sciolgano, però non accade.»

Parliamo del vostro decimo album, la vostra decima creatura. È uscito il 12 gennaio, si intitola “Realtà aumentata”, anticipato da tre singoli. Tra questi c’è “Mattino di luce” che mi ha davvero colpito, è una canzone della realtà che viviamo noi oggi.

«È una canzone che parla di trasformazione, di metamorfosi in senso generale, e approfondisce anche nel dettaglio questioni legate alla disforia di genere. Cioè quella ricerca di equilibrio da parte di quelle persone che non si riconoscono nel sesso che è stato attribuito loro alla nascita e di tutto il disagio che devono vivere in un ambiente che non è pronto a vivere queste istanze, soprattutto l’ambiente culturale dell’Italia di oggi, laddove magari altrove c’è un tipo di approccio diverso, un po’ più in linea con quello che inevitabilmente sarà il futuro.»

Da quanto stavate lavorando a questo album? Quanto ci avete messo, era già in progetto, è uscito all’improvviso?

«Noi generalmente ci mettiamo più o meno un anno, da sempre. Poi ci sono album che sono venuti fuori in un tempo minore. Abbiamo trovato questa formula per cui ci ritagliamo una settimana al mese in cui ci isoliamo in qualche spazio solo per noi cinque, in cui tiriamo giù le nostre passioni musicali e la voglia musicale del momento. Dopo quattro o cinque mesi abbiamo un tot di materiale che iniziamo a buttare giù in studio, a costruire e definire.»

Secondo voi è più facile fare musica elettronica oggi oppure era più romantico prima?

«In realtà noi arriviamo alla musica elettronica con un bagaglio di strumenti suonati per davvero, e iniziamo a fare musica insieme nel periodo dei campionatori, quelle robe che facevano urlare “Aiuto! Distruggeranno la musica!” Quindi noi approcciamo alla musica con una mentalità da non musicisti, pur avendo degli strumenti. Tendenzialmente è la mentalità a essere elettronica, ma poi si può esprimere la tinta di un brano utilizzando qualsiasi tinta di registro o di strumento che hai a disposizione.»

C’è una vostra immagine che riteniamo storica. Festival di Sanremo 2000, in gara con “Tutti i miei sbagli”, a proposito del campionatore di cui parlavamo prima, perché con un doppio microfono legato con un nastro isolante, cantate facendo un effetto particolare. A cosa serviva?

«Innanzitutto a farci riconoscere! No, non è vero, è diventato poi un modo per farsi riconoscere. Il doppio microfono è perché all’epoca non esisteva la tecnologia di oggi, per cui tu puoi utilizzare degli effetti sullo stesso microfono della voce principale. Visto che nel disco c’erano tante sovraincisioni, tanti multieffetti mischiati alla voce, avevo necessità di portarmela live questa cosa. Quindi, ho utilizzato una pedaliera per chitarra. Solo che la pedaliera per chitarra ha un’impedenza minore di quella del microfono degli effetti per voce di oggi, quindi “ammazzava” un po’ la voce principale. Per ovviare a questo problema, ho deciso di unire due microfoni e utilizzare la pedaliera per chitarra in un microfono e la voce normale, pulita, nell’altro.»

Ad aprile, il mese di inizio del vostro tour, vedremo una cosa del genere oppure non serve più?

«Ormai quello è il nostro marchio di fabbrica. Perché poi si è creata una modalità di vocalità live per cui utilizzo, spostando da un microfono all’altro, una modalità di racconto della voce dei Subsonica che c’è ancora oggi. Quindi ad aprile vedrete il doppio microfono.»

Sarà un concerto o proprio uno spettacolo? C’è differenza tra i due secondo voi?

«Quando si affrontano luoghi come i palazzetti, che tendenzialmente sono dispersivi, di solito cerchi di concentrarlo intorno alla musica, catturando l’attenzione. Avremo un palco molto spettacolare, con cinque porzioni che si alzeranno anche a cinque, sei metri. Abbiamo con noi una famiglia allargata che, quando noi siamo lì che stiamo ancora meditando sulla vita e filosofeggiando sulla musica, loro sono già a lavoro un anno e mezzo prima e lavorano con noi da quasi vent’anni. Sono un’estensione naturale del gruppo che fa sì che noi riusciamo ad avere degli show di livello internazionale, e che riesce a mantenere il biglietto a un prezzo abbordabile, che è una cosa a cui teniamo moltissimo. Diciamo che esiste un nucleo di cinque musicisti, esiste una famiglia allargata, e quando queste due famiglie lavorano insieme in luoghi come i palazzetti il concerto diventa uno spettacolo.»

Come è nata l’idea di questo palco in movimento? Non è una cosa da tutti. Chi ha avuto l’idea?

«Le persone che costituiscono questa famiglia allargata ci propongono delle idee. I nostri palchi sono sempre stati particolari e in movimento. Ad esempio, quello del tour precedente, era un palco molto simile che si muoveva su coordinate orizzontali. C’è sempre stata l’idea che il palco fosse il sesto Subsonico. Quest’anno abbiamo esagerato con le altezze, ecco.»

Quindi, da questa chiacchierata, possiamo dire che i Subsonica non si sono mai sciolti. Possiamo dire che il 12 gennaio è uscito il loro album “Realtà aumentata”; possiamo dire che aprile è il mese dei Subsonica e possiamo dire che ci vediamo dal 3 aprile al 13 aprile.

«E ci vediamo anche alle 18 a Napoli in Piazza dei Martiri.»

Avete gli instore. Avete un aneddoto legato a un vostro fan?

«Ne abbiamo parecchi, trent’anni!»

Uno recente?

«Due genitori di un ragazzo di 14 anni che mi hanno detto “Lui è un Mattino di luce”, un ragazzo che stava affrontando questo problema di disforia di genere e questa canzone ha aiutato sia lui che loro. Mentre mi raccontavano queste cose il papà stava piangendo.»

Grazie ai Subsonica!

«Grazie a tutte e a tutti!»

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