I rischi dei micro-trombi, ecco cos’è l’aTTP
La porpora trombotica trombocitopenica (TTP), conosciuta anche come sindrome di Moschcowitz, è una malattia del sangue estremamente rara. In occasione delle Pillole di Salute realizzate dal network editoriale PreSa in collaborazione con Radio Kiss Kiss, ne abbiamo parlato con la dottoressa Alessandra Ricco, dirigente medico presso l’Unità Operativa di Ematologia con trapianto del Policlinico di Bari. «Nella maggior parte dei casi – ha spiegato – la malattia è acquisita; solo in rarissimi casi è congenita, cioè legata a un fattore genetico. Per capire cosa accade, dobbiamo ricordare che nel nostro organismo ogni attività è regolata da meccanismi di controllo e controbilanciamento. Nei pazienti affetti da questa patologia, la carenza di un enzima che regola il processo di coagulazione del sangue porta alla formazione di micro-trombi, che possono circolare e fermarsi in qualunque distretto del corpo, compromettendo la funzionalità di molti organi». Questo meccanismo è alla base del nome della malattia: i micro-trombi occludono i piccoli vasi sanguigni, causando danni gravi. «Possono colpire diversi organi: il sistema nervoso centrale, i reni, il cuore. Le possibilità sono molteplici, e così anche i sintomi, che risultano molto eterogenei». Proprio per questa complessità, è fondamentale un approccio multidisciplinare. «Il numero di specialisti coinvolti nel processo diagnostico è davvero ampio. Spesso, dato l’esordio acuto dei sintomi, i primi a intervenire sono i medici del pronto soccorso, ma il paziente potrebbe rivolgersi inizialmente anche al medico di famiglia, a seconda della sintomatologia. I micro-trombi intrappolano le piastrine e occludono i vasi; i globuli rossi si rompono, causando anemia. Il paziente può quindi rivolgersi al medico per due motivi principali: una stanchezza cronica oppure la comparsa di lividi. Ma i segnali d’allarme possono andare da un semplice mal di testa fino a una vera e propria emiparesi». Gli elementi suggestivi per sospettare la malattia sono quindi: anemia, piastrinopenia e sintomi neurologici. A questo punto entrano in gioco specialisti specifici: l’ematologo (per definire la diagnosi), i medici di laboratorio (per confermarla con esami mirati), e gli specialisti che affrontano le complicanze cardiologiche, neurologiche e di altri apparati. «Importanti anche i medici di medicina trasfusionale, perché la terapia dell’aTTP si svolge nei centri trasfusionali». Una volta ottenuta la diagnosi certa, si avvia il trattamento, che ha ridotto la mortalità della malattia da oltre il 90% del passato a meno del 10% oggi. In fase acuta, la terapia si basa su tre pilastri fondamentali: Plasmaferesi, che «rimuove dal sangue gli autoanticorpi responsabili del difetto e reintegra l’enzima mancante». Immunosoppressione, per «ridurre l’attività anomala del sistema immunitario e bloccare la produzione degli autoanticorpi». Inibizione della formazione di micro-trombi, grazie a farmaci specifici in grado di controllare l’attività coagulativa incontrollata.