Il 23 settembre 1985, a soli 26 anni, Giancarlo Siani veniva assassinato dalla camorra sotto casa, a Napoli, mentre tornava dal lavoro. La sua colpa? Aver raccontato la verità, mettendo in luce i legami tra politica, affari e criminalità organizzata. Quarant’anni dopo, la sua memoria è più viva che mai, simbolo di coraggio e impegno civile.
Un giovane cronista con una missione
Nato a Napoli il 19 settembre 1959, Giancarlo Siani cresce nel quartiere Vomero e si distingue per la sua passione per il giornalismo e l’impegno sociale. Dopo aver conseguito il diploma al Liceo classico G. B. Vico, si iscrive a Sociologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Inizia a collaborare con periodici locali e fonda il Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione (M.D.D.I.), impegnandosi per la libertà di stampa. Nel 1981 entra nella redazione di Castellammare di Stabia de Il Mattino, dove si specializza in cronaca nera e inchieste sulla camorra.
L’ultimo articolo e l’agguato mortale
Il 10 giugno 1985, Siani pubblica un articolo in cui rivela che l’arresto del boss Valentino Gionta è stato deciso dal clan Nuvoletta per arrivare a un accordo con i Bardellino. Questa “soffiata” lo rende un bersaglio per la camorra, che lo considera un traditore. Il 23 settembre 1985, mentre torna a casa a bordo della sua Citroën Méhari verde, viene raggiunto da un agguato: dieci colpi di pistola calibro 7,65 lo colpiscono alla testa. Gli assassini, a volto scoperto, fuggono a bordo di una moto.
La memoria di Giancarlo Siani
Quarant’anni dopo, la figura di Giancarlo Siani è ricordata come esempio di giornalismo d’inchiesta e di impegno civile. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato come “quel feroce assassinio è parte incancellabile della storia e della memoria della Repubblica”.
Per ricordarlo, sono stati organizzati eventi e proiezioni, come la presentazione del documentario “Quarant’anni senza Giancarlo Siani” e del cortometraggio “Il compleanno di Ciro”, che raccontano la sua vita e il suo coraggio. La sua macchina da scrivere Olivetti M80, con cui ha redatto oltre 650 articoli e inchieste, è stata portata in giro per l’Italia come simbolo della sua eredità.
La storia di Giancarlo Siani non è solo quella di un giovane giornalista ucciso dalla camorra, ma anche quella di un uomo che ha scelto di non voltarsi dall’altra parte, di non tacere di fronte all’ingiustizia. La sua memoria continua a ispirare chi crede nel valore della verità e della libertà di stampa.