Questa mattina, in Good Morning Kiss Kiss, abbiamo parlato di bambini e smartphone con il Dott. Pietro Bussotti, psicologo.
Buongiorno dottore, benvenuto! Psicologo e padre di due ragazzi di 12 e 14 anni, no?
«Buongiorno, ciao! Sì, sono nel pieno di questo dibattito.»
Noi ci ponevamo il dubbio che l’età in cui si comincia a scalciare per avere uno smartphone o un tablet è 10, 11 anni. Ma parlando con i nostri ascoltatori abbiamo capito che l’età è notevolmente anticipata. Si parla di 7, 8 anni, con la scusa del giochino. Come funziona?
«Molto spesso il regalo che facciamo a questi ragazzi è un regalo che facciamo a noi stessi, perché fondamentalmente ci tranquillizza. L’idea di poterli raggiungere è così potente rispetto alla nostra ansia genitoriale che diventiamo più tolleranti rispetto a cose ovvie. La cosa ovvia è che questo è uno strumento potentissimo, come l’automobile, ma per l’automobile prendiamo la patente ed è tutto un sistema di controllo, invece, in questo caso, chi insegna la differenza tra il bene e il male ai nostri ragazzi? Ecco, questo è il nostro ruolo genitoriale. Non tanto fare il regalo che insegue un capriccio, quanto piuttosto affiancarli per fargli sviluppare uno spirito critico che gli insegni ad adattarsi alle richieste dell’ambiente e dare un’adeguata risposta distinguendo il bene dal male.»
C’è un ulteriore spartiacque: lo smartphone e il portarselo dietro. Perché c’è quello che gli si dà per usarlo in casa e quello che poi ci si porta anche dietro. Sono due step diversi, ci pare di capire.
«Sono molto d’accordo sul fatto che ci debbano essere degli step diversi. Perché l’apprendimento della differenza tra il bene e il male, quindi sviluppare uno spirito critico morale, è un percorso educativo. Noi siamo gli educatori nella loro vita ed è giusto affiancarli in maniera progressiva. Perciò pensare degli step nell’utilizzo del cellulare è la chiave. Però attenzione: sono importanti le regole, e qui resterete stupiti. Laddove chiedete le regole ai ragazzi, scoprirete che sono più maturi e ragionevoli di quanto immaginiate. Con un adolescente o un preadolescente, se ci si mette in simmetria l’uno contro l’altro, probabilmente si radicalizzerà in maniera irragionevole. Al contrario, se le regole venissero negoziate chiedendo direttamente a loro: “quanto ritieni di dover utilizzare lo smartphone?” A quel punto scopriamo che sono più maturi, ragionevoli e abili di quanto immaginiamo.»
È vero. Ma dobbiamo anche essere d’esempio noi, perché se imponiamo delle regole ai ragazzini e siamo i primi a non rispettarle in casa, il ragazzino è autorizzato, no?
«Grazie Max, è una domanda bellissima. Quando sottolineavo l’importanza del ruolo educativo dei genitori, diamo per scontato che i genitori siano a loro volta educati. Ma quanto siamo educati digitalmente? La generazione dei genitori molto spesso dà delle prove lampanti ed evidenti di maleducazione digitale. E qui si apre tutto uno spaccato.»
E ci torneremo. Ci stai dicendo “più davanti a loro e meno davanti ai device”. Così capiscono che si può vivere anche senza.
«Assolutamente sì. Diamo l’esempio e affianchiamoli in maniera progressiva in modo da essere educatori che aiutano a sviluppare lo spirito critico.»
Grazie al dottor Pietro Bussotti.
«Alla prossima!»