L’intervento di Benjamin Netanyahu all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è trasformato in una dimostrazione del crescente isolamento internazionale di Israele. Il premier è stato accolto da fischi e contestazioni, mentre diverse delegazioni hanno abbandonato l’aula in segno di dissenso.
Un’aula semi vuota e tensioni diplomatiche
Fin dall’inizio del discorso, l’atmosfera si è rivelata tesa: il presidente dell’Assemblea è stato costretto a richiamare più volte all’ordine, mentre l’uscita di numerosi rappresentanti ha reso ancora più evidente la frattura politica intorno alla guerra a Gaza. Per molti osservatori, l’immagine di un Netanyahu quasi solo in un’aula semideserta è il simbolo di un consenso internazionale ormai logorato.
“Dobbiamo finire il lavoro”
Nel suo intervento, il premier ha difeso l’offensiva militare nella Striscia, definendola una “lotta esistenziale” contro Hamas. Ha promesso di “portare a termine il lavoro il prima possibile”, accusando i miliziani di essere asserragliati e pronti a nuove violenze. Netanyahu ha mostrato una “mappa del terrore” che indica l’Iran come fulcro della minaccia regionale, accusando Teheran di sviluppare armi nucleari e missili in grado di colpire anche gli Stati Uniti.
Espedienti retorici e propaganda
Il discorso è stato punteggiato da trovate comunicative che hanno suscitato critiche. Netanyahu ha inscenato un “quiz” in cui indicava Hamas, Hezbollah, gli Houthi e l’Iran come principali nemici dell’Occidente. Ha poi mostrato una spilla con un QR code, invitando i delegati a scansionarlo per visionare un video sugli attacchi del 7 ottobre, prodotto con l’esercito israeliano. Un gesto giudicato da molti delegati fuori luogo per un contesto diplomatico di tale rilevanza.
La trasmissione del discorso a Gaza
Particolarmente controversa è stata la decisione di trasmettere il discorso in diretta all’interno della Striscia tramite altoparlanti e SMS inviati ai residenti. Netanyahu ha dichiarato che l’iniziativa era rivolta agli ostaggi ancora nelle mani di Hamas: “Non vi abbiamo dimenticati, non ci fermeremo finché non sarete tutti a casa”. L’operazione, tuttavia, è stata interpretata come un’ulteriore forma di pressione psicologica sulla popolazione civile, già provata da mesi di bombardamenti.
Attacco ai leader occidentali
Dal podio dell’ONU, Netanyahu ha accusato apertamente i leader mondiali di “favorire il male” prendendo le distanze da Israele o sostenendo il riconoscimento di uno Stato palestinese. Ha definito queste aperture una “resa morale” che incoraggerebbe il terrorismo, avvertendo che un simile atteggiamento equivarrebbe ad abbandonare la lotta contro Hamas e i suoi alleati.
Le accuse di genocidio respinte
Il premier ha bollato come “false” le accuse di genocidio rivolte al suo governo, sostenendo che Israele stia facendo il possibile per mettere in salvo i civili, mentre Hamas li userebbe come scudi umani. Ha inoltre ribadito che i palestinesi, a suo avviso, non mirerebbero a un compromesso su due Stati, ma a sostituire Israele con un proprio dominio nazionale.
Isolamento crescente
La scena andata in onda a New York sembra rafforzare l’immagine di un premier sempre più isolato sulla scena internazionale. Mentre le immagini della devastazione a Gaza continuano a scuotere l’opinione pubblica mondiale, il solco tra Israele e gran parte della comunità internazionale appare ogni giorno più profondo.
