Dopo oltre undici anni di silenzio e incertezze, il governo della Malesia ha ufficializzato la ripresa delle ricerche in mare del velivolo scomparso nel marzo 2014. Le operazioni di ricerca ripartiranno il 30 dicembre 2025, guidate dall’azienda di esplorazione sottomarina Ocean Infinity, che condurrà la missione per un totale di 55 giorni intermittenti.
Secondo il comunicato del ministero dei Trasporti malese, le ricerche si concentreranno in un’area “mirata”, ritenuta la più probabile per il ritrovamento dei resti dell’aereo. Il contratto prevede un accordo “no-find, no-fee”: Ocean Infinity sarà remunerata solo se effettuerà una scoperta importante.
Il dramma del MH370: numeri e percorsi
Il volo MH370, un Boeing 777, sparì dai radar la notte dell’8 marzo 2014, poco dopo il decollo da Kuala Lumpur con destinazione Pechino. A bordo c’erano 239 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio.
L’aereo aveva perso contatto dopo aver lasciato lo spazio aereo malese ed essere entrato in quello vietnamita: da quel momento, la sua rotta diverse verso l’oceano Indiano meridionale, in una zona remota dal tracciamento radar. Le cause del decollo dal piano di volo ufficiale rimangono oscure.
Negli anni successivi furono effettuate le più vaste e costose operazioni di ricerca nella storia dell’aviazione, cadenzate tra vari governi e con il supporto internazionale, ma la zona esplorata — decine di migliaia di chilometri quadrati — non portò alla scoperta del relitto. Solo alcuni piccoli detriti, trovati sull’Oceano Indiano o sulle coste africane, furono confermati come appartenenti al MH370.
Perché riprendere ora
La decisione di rilanciare la ricerca arriva dopo che il governo malese e Ocean Infinity hanno firmato un nuovo accordo, in marzo 2025, che prevede la scansione di una zona di fondo oceanico di circa 15.000 km², identificata grazie a nuovi modelli batimetrici e studi di deriva dei detriti.
L’intento è chiaro: offrire finalmente un punto di svolta a una delle indagini più complicate e dolorose della storia dell’aviazione, restituendo magari un “perché” e una localizzazione definitiva alle famiglie delle vittime. Il principio del “no find, no fee” testimonia la fiducia riposta nella tecnologia e nella rilevanza di eventuali nuove prove.
Le sfide restano enormi
Trovare il MH370 non sarà semplice. L’area dell’oceano coinvolta è tra le più impervie del pianeta: vaste profondità, condizioni meteo difficili, fondali irregolari e correnti forti. La natura remota del luogo, unita al fatto che fino ad oggi non sono emersi elementi conclusivi, rende ogni nuova spedizione un salto nel buio.
Inoltre, il tempo trascorso — oltre un decennio — complica la conservazione di eventuali segnali utili, tanto che molti esperti avvertono che, anche trovando il relitto, comprendere con certezza le cause della scomparsa potrebbe restare un obiettivo molto difficile da raggiungere.
Una speranza per le famiglie
Per i parenti delle 239 persone scomparse a bordo del volo MH370, la ripresa delle ricerche rappresenta un segno concreto di volontà da parte delle autorità: la possibilità, seppure remota, di trovare risposte e chiudere un capitolo doloroso. Molte famiglie avevano esercitato pressioni negli anni scorsi, chiedendo verità e trasparenza. Ora, con l’operazione che riparte ufficialmente, tornano ad alimentarsi speranze.
