L’Intelligenza Artificiale, può evolvere come un cervello umano?

Lo studio dell’Università di Cambridge proverà a sviluppare nuovi sistemi di IA e di comprendere meglio come funziona il nostro cervello

Un gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge sta analizzando la possibilità che l’intelligenza artificiale si riorganizzi in modo simile al cervello umano. La domanda che si pongono i ricercatori è: l’ IA evolve e sviluppa nuove capacità per superare le limitazioni imposte dall’esterno, in modo analogo a come ha fatto il cervello umano nel corso dell’evoluzione?

Il nuovo sistema ideato dal gruppo guidato da Jascha Achterberg e Danyal Akarca, così come riportato da Nature Machine Intelligence, aiuta a comprendere in anticipo i futuri sistemi di IA e anche per capire meglio come funziona il nostro cervello.

Come funziona l’IA

L’biettivo principale dei sistemi di Intelligenza Artificiale è di replicare alcune caratteristiche dell’intelligenza umana. Al momento, però, le differenze tra mondo digitale e naturale sono ancora tante.

I cervelli biologici, infatti, sono in grado di risolvere problemi complessi usando pochissima energia. Una capacità resa possibile dal fatto che essi sono in grado di riorganizzare le connessioni tra i neuroni. Per cercare di capire qual è il meccanismo che si nasconde dietro questo fenomeno, i ricercatori hanno sviluppato una rete neurale in grado di trasformarsi autonomamente in risposta a quel che gli viene chiesto, con conseguente riduzione dei consumi di energia. Solitamente, le reti neurali artificiali assorbono grandi quantità di energia.

I nodi della rete si comportano come se fossero dei neuroni

I ricercatori sono riusciti a dimostrare che se alle reti viene chiesto di risolvere problemi difficili, come ad esempio di trovare la strada più rapida per uscire da un labirinto e, allo stesso tempo, di ridurre l’energia a disposizione, c’è un’evoluzione inattesa. Infatti, i nodi della rete si comportano come se fossero dei neuroni. Tendono, perciò, a riorganizzare le connessioni e imparano a gestire un maggior numero di operazioni rispetto al normale. La scoperta è destinata non solo a migliorare la progettazione di nuovi sistemi di intelligenza artificiale, ma anche a offrire interessanti spunti per la comprensione del cervello umano. Soprattutto, a spiegare i motivi per i quali sia strutturato nelle forme a noi note.

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