Trump e la Groenlandia: un piano controverso
Donald Trump ha riacceso l’interesse per la Groenlandia, un territorio autonomo della Danimarca, con un piano che ha sollevato polemiche e tensioni diplomatiche. “Abbiamo bisogno della Groenlandia per la sicurezza internazionale, sia difensiva, sia offensiva. Ne abbiamo bisogno”, ha detto Trump al podcaster Vince Coglianese”, sottolineando l’importanza strategica dell’isola. Tuttavia, il suo approccio ha suscitato reazioni contrastanti, soprattutto da parte della Danimarca e dell’Unione Europea.
Le reazioni della Danimarca
La Danimarca ha risposto con fermezza alle dichiarazioni di Trump. Il primo ministro danese ha definito l’idea di acquistare la Groenlandia “assurda” e ha ribadito che l’isola non è in vendita. “La Groenlandia appartiene ai groenlandesi”, ha affermato, sottolineando l’autonomia del territorio.
L’intervento di Vance
In questo contesto, il segretario di Stato americano, Vance, ha visitato la Groenlandia per discutere con i leader locali. Durante la visita, Vance ha escluso l’uso della forza per ottenere il controllo dell’isola, cercando di rassicurare i partner internazionali. “Non useremo la forza”, ha dichiarato Vance, cercando di smorzare le tensioni e promuovere un dialogo costruttivo. Tuttavia, le sue parole non hanno completamente dissipato le preoccupazioni della comunità internazionale.
La reazione della Groenlandia
La Groenlandia risponde con freddezza alla visita di Vance e annuncia la formazione di un nuovo governo di coalizione con una chiara posizione anti-Trump. A guidarlo sarà Jens-Frederik Nielsen, leader del partito moderato Demokraatit, che ha triplicato i seggi portandoli a 10 nelle elezioni dell’11 marzo, diventando così la forza politica più rappresentativa. Nielsen aveva esortato le forze politiche a superare le divisioni per formare rapidamente un governo ampio e unito, opponendosi alla crescente pressione della Casa Bianca per l’annessione del territorio semiautonomo danese. Il suo appello è stato accolto da quattro partiti su cinque, che insieme controlleranno il 75% dei seggi del Parlamento locale, l’Inatsisartut (23 su 31). L’unica forza rimasta esclusa è Naleraq, partito sovranista filo-americano, favorevole a un referendum immediato per l’indipendenza.