Matera protagonista del nuovo film di Angelina Jolie “Senza Sangue”

La città di Matera è stata scelta come location per il film "Senza Sangue" diretto da Angelina Jolie, tratto dal romanzo di Alessandro Baricco.

La città di Matera torna a essere protagonista sul grande schermo grazie al nuovo film diretto da Angelina Jolie, “Senza Sangue”. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Baricco e ha scelto la suggestiva città lucana come una delle sue principali location. Matera, con i suoi paesaggi unici e la sua storia millenaria, si presta perfettamente a fare da sfondo a questa nuova produzione cinematografica.

Matera, una location da sogno

Matera, già conosciuta per essere stata il set di numerosi film di successo, continua a incantare registi e produttori di tutto il mondo. La città, con i suoi famosi Sassi, offre un’ambientazione ideale per storie che richiedono un’atmosfera particolare e senza tempo. “Senza Sangue” non fa eccezione, e Angelina Jolie ha scelto di girare qui alcune delle scene più significative del film. La regista è rimasta colpita dalla bellezza e dalla magia di Matera, decidendo di sfruttare al massimo le sue potenzialità visive.

Il film “Senza Sangue”

“Senza Sangue” è un adattamento cinematografico del romanzo di Alessandro Baricco, che esplora temi complessi come la vendetta e la redenzione. Il film si muove tra il Messico e il Sud Italia, con Matera che rappresenta una delle location chiave per la narrazione. Angelina Jolie, oltre a dirigere il film, ha anche lavorato alla sceneggiatura, cercando di rimanere fedele allo spirito del libro. La scelta di Matera non è casuale: la città, con il suo fascino antico e misterioso, si adatta perfettamente all’atmosfera del racconto di Baricco.

La trama di “Senza Sangue”

Senza Sangue si apre in un contesto non precisamente definito, un dopoguerra o una guerra civile che ha lacerato una terra senza nome, ma che ricorda le ferite di tanti conflitti reali. In questo scenario carico di tensione e vendette personali, si svolge la tragedia di una famiglia: quella della giovane Nina, una bambina che vive in una fattoria isolata con il padre e il fratello. Un giorno, tre uomini armati irrompono nella casa. Sono lì per regolare i conti con il padre di Nina, accusato di atrocità o tradimenti durante il conflitto. Senza pietà, gli uomini uccidono il padre e il fratello. Ma Nina riesce a salvarsi: si nasconde in una botola sotto il pavimento, e uno degli assassini, Tito, la vede, ma non la denuncia agli altri. È un gesto ambiguo, tra pietà e complicità, che getterà le basi per tutto ciò che seguirà. Da qui in poi, la narrazione compie un salto temporale. Anni dopo, Nina è ormai una donna adulta. La sua vita è stata segnata dall’orrore di quella notte, ma anche dalla lunga, silenziosa attesa della vendetta. Con determinazione, riesce a rintracciare Tito, l’unico superstite del commando. I due si ritrovano in un bar, in un’atmosfera rarefatta, sospesa, dove il tempo sembra rallentare. La seconda parte del racconto è tutta giocata su un dialogo intenso e pieno di sottotesti. Non c’è azione, non ci sono vendette fisiche. C’è solo la parola. Nina racconta, chiede, mette alla prova. Tito ascolta, risponde, accetta. È un confronto tra due persone che si sono riconosciute al di là della violenza: lui, colpevole ma anche portatore di un gesto salvifico; lei, vittima ma non priva di potere. La tensione cresce: Nina ucciderà Tito? Oppure gli perdonerà la vita? Le risposte non sono mai dirette. Baricco (e Jolie nel film) costruiscono un finale aperto, ricco di simbolismi. Il sangue del titolo resta assente, ma aleggia in ogni parola. Il messaggio è chiaro: la vendetta può trasformarsi in un atto di umanità estrema, e il perdono può contenere una forza più radicale della violenza stessa.

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