Sabato alle 21.30 Francesco Renga si esibirà al Lazzaretto di Bergamo, per un concerto che non sarà solo un tuffo nella memoria, ma anche un’occasione per rileggere con occhi nuovi una carriera lunga e piena. Otto album di inediti, uno con orchestra, due dal vivo (di cui uno con Max Pezzali e Nek), oltre un milione di copie vendute e quasi duemila concerti alle spalle: i numeri parlano chiaro, ma dietro ci sono storie, sfide e una vita intera da cantare.
“Una scaletta per emozionarsi insieme”
L’intervista rilasciata al Corriere della Sera è un viaggio intimo attraverso la storia artistica e personale del cantautore bresciano. “Sarà un concerto affascinante ed emotivamente pregno; il tour è stato pensato per celebrare “Angelo”, ma poi ho preparato una scaletta che ripercorre la mia carriera, tutte le tappe degli ultimi decenni, dal mio primo singolo “Affogo, baby”. Sarà bello rivedersi ed emozionarsi insieme”. Una serata pensata non solo come celebrazione, ma come ritrovo con il pubblico, con la propria storia, con le canzoni che hanno fatto da colonna sonora a diverse generazioni.
La musica al posto dell’uniforme
Dietro alla voce potente e all’aria da artista navigato, c’è un ragazzo cresciuto a Brescia, figlio di un maresciallo della Guardia di Finanza sardo. Una strada, quella militare, che sembrava già tracciata: “Papà avrebbe voluto che frequentassi l’Accademia per ufficiali. Per motivi di istruzione, lui aveva frequentato la scuola di sottufficiali e viveva per regalare al figlio la possibilità di fare carriera nelle Fiamme gialle. Era la più bella cosa che potesse immaginare per me. Dovetti dirgli da solo che non era la mia strada. Mamma era appena venuta a mancare, mi mancava la sua sponda”.
Una scelta sofferta, soprattutto per il padre, che per anni faticò a considerare il percorso artistico del figlio come “un vero lavoro”: “Solo nel 2005, quando vinsi Sanremo con Angelo, si tranquillizzò. Prima, se qualcuno gli chiedeva cosa facessi, tergiversava…”
Il canto come vocazione
La musica è sempre stata una vocazione, più che un obiettivo. “avevo dieci anni e andavo a vedere mio fratello che suonava in una cover band dei Genesis. Nella sala prove, allestita in una cantina, mi innamorai del canto e di quell’odore di muffa misto a fumo che poi ho ritrovato ai concerti”.
A 15 anni arriva la svolta: partecipa al concorso Deskomusic, talent scolastico ante litteram, e finisce nei Precious Time, la band di Omar Pedrini. “Poi sarebbero diventati i Timoria,” ricorda. E con i Timoria inizia la leggenda di Renga: rock, sperimentazione, intensità. Un capitolo fondamentale, che però difficilmente avrà una ripresa. “Ci siamo rivisti lo scorso agosto, ai funerali di un amico, il giornalista Massimo Cotto, ad Asti. Sapevamo che gli avrebbe fatto piacere vederci assieme. Ho molta paura delle reunion: i Timoria sono stati la magia di quel momento. Rifare quel repertorio dopo tanti anni potrebbe deludere me stesso e il pubblico”
Un padre, un artista, un uomo
Tra i brani più amati di Renga c’è senza dubbio Angelo, dedicata alla figlia Jolanda, nata dalla relazione con Ambra Angiolini. Oggi Jolanda è una giovane donna impegnata, che ha preso parola al Milano Pride leggendo la poesia di Haidar Al Ghazali: “Non verrà promosso chi non supererà l’esame di umanità.” Una frase potente, che ben si lega al ritratto che il padre fa di lei: “Era talmente in crisi ed emozionata che mi avrà mandato il suo discorso venti volte. Jolanda ha la qualità di ergersi in difesa dei più deboli, dei fragili, di quanti hanno paura e soffrono, delle minoranze. È un miracolo che sfugge alla nostra comprensione”.
Quanto ad Ambra, con la quale Renga ha condiviso una lunga storia d’amore, oggi il legame è più saldo che mai, anche se trasformato: “Se l’amore è vero e genera qualcosa di così grande, come due figli, continua, anche se muta. Con Ambra mi confronto tutti i giorni. Il nostro rapporto è molto migliore adesso che quando stava finendo la convivenza. Tra noi non ci sono più gli attriti, le differenze e il disagio che ci hanno portato alla separazione”.
Il futuro di Jolanda
Alla domanda se sua figlia Jolanda seguirà le sue orme, risponde con lucidità e una punta di poesia: “Non le auguro di fare questo lavoro, semmai di rendere la sua vita un’opera d’arte”. Quella di Renga è una vita costruita sul coraggio di scegliere la propria strada, anche quando nessuno ci credeva davvero. E oggi, a 40 anni dal primo passo, può raccontarla con la forza di chi non ha mai smesso di ascoltarsi.