Bruce Springsteen a San Siro attacca Trump : “Facciamo sentire la nostra voce a un governo corrotto”

Durante il concerto a San Siro, Bruce Springsteen ha criticato l'amministrazione Trump, definendola "corrotta, incompetente e traditrice", e ha invitato il pubblico a difendere la democrazia.

Bruce Springsteen ha lanciato ieri sera un segnale forte e diretto al mondo politico americano: un attacco frontale al presidente Donald Trump e alla sua presunta “amministrazione corrotta”. Nel corso della prima delle due serate sold out (58 000 spettatori), il rocker di Freehold, New Jersey, ha infranto ancora una volta la barriera tra musica e impegno civile, trasformando San Siro in un’arena di denuncia e speranza.

Vestito con camicia bianca, gilet e cravatta, accompagnato dalla storica E Street Band, Springsteen ha inaugurato lo show con “No Surrender”, presente fin dalle prime note nel ricco repertorio serale. A consacrazione della scelta vocale, il testo è diventato manifesto: persistere, non arrendersi mai. Subito dopo, fra un richiamo al patrimonio e alla funzione della musica (“il potere giusto dell’arte, della musica e del rock‑and‑roll in tempi pericolosi”), il Boss ha scandito con chiarezza il suo pensiero politico, supportato da sottotitoli proiettati sui maxischermi per assicurarsi che ogni parola arrivasse nitida ai presenti:

“L’America che amo, faro di speranza e libertà per 250 anni, è ora nelle mani di un’amministrazione corrotta, infida e incompetente…”
“Stasera vi chiedo: alziamoci e facciamo sentire la nostra voce contro l’autoritarismo»”

Il riferimento è chiaro: Donald Trump. Springsteen non è nuovo a duri attacchi nei confronti dei repubblicani. Già a maggio, durante la tappa europea a Manchester, definiva l’amministrazione Trump “corrotta, incompetente, traditrice” e incitava la gente a difendere la democrazia 

La serata milanese ha risuonato ancor più forte grazie alla cornice italiana. Tra le 58 000 presenze la reazione del pubblico è stata travolgente: boati, applausi e attimi di silenzio carichi, mentre Springsteen tracciava il confine tra “la terra della speranza e dei sogni” (il titolo stesso del tour) e la drammaticità dei “tempi pericolosi” .

Il Boss ha proseguito con “Land of Hope and Dreams”, poi ha introdotto “Rainmaker”, definendola “dedicata al caro leader americano” – un’evidente stoccata a Trump. Lo show è continuato tra hit e brani emblematici: “House of a Thousand Guitars”, “My City of Ruins” – preceduta da un discorso che denunciava la persecuzione del dissenso, il bavaglio alla libertà espressiva e l’allineamento con regimi autoritari.

Il ruolo civico di Springsteen e la sua visione politica

Il 75enne rocker è da sempre associato ai valori di giustizia sociale, democrazia, diversità e diritti civili. L’impegno non è recente: già negli anni passati aveva criticato duramente figure come Reagan, Bush padre e figlio, e si era schierato con i democratici, sostenendo Joe Biden nel 2020 e Kamala Harris nel 2024 .

Sul palco milanese, ha ribadito un mantra chiaro: “quando la democrazia vacilla, il popolo deve unirsi intorno a valori comuni; tra controlli istituzionali falliti, rimangono solo le persone, tra loro” . Un messaggio di resistenza civica e partecipazione: “Alziamo la voce, facciamo sentire la nostra voce”.

San Siro: teatro di un “discorso storico”

Le sette volte precedenti di Bruce a San Siro erano state epiche per la musica, ma non altrettanto politiche. La differenza stavolta sta nella densità e nella platealità del discorso: il mix tra musica e sottotitoli, tra scelta della scaletta (tra cui “Born in the USA” – brano che ironicamente Trump aveva adottato come inno) e l’allineamento con temi caldi come immigrazione e diritti .

Il rocker ha voluto anche ribadire alle 58 000 voci di San Siro che la musica serve a far sentire la propria opinione contro derive antidemocratiche. E lo ha fatto non da icona distante, ma da cittadino comune, forte di un’esperienza personale – figlio della working class, figlio di un’America fatta di stabilimenti, dignità e lavoro duro.

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