Panatta: “Un gesto per Gaza, ma niente violenza” in vista di Italia-Israele

Adriano Panatta interviene sul dibattito riguardo le partite tra Italia e Israele, sottolineando l'importanza di segnali pacifici dallo sport per Gaza.

Le prossime sfide tra Italia e Israele per le qualificazioni ai mondiali riaccendono il dibattito sul ruolo dello sport nei confronti dei conflitti internazionali. Adriano Panatta, intervistato dall’ANSA, invita a gesti simbolici ma pacifici, ricordando la sua esperienza personale.

Panatta e il ricordo della maglietta rossa 

Adriano Panatta torna con la memoria al 1976, quando la nazionale italiana di tennis giocò la finale di Coppa Davis in Cile, sotto la dittatura di Pinochet. In quell’occasione, Panatta indossò una maglietta rossa come segno di dissenso verso il regime cileno. “Noi facemmo una protesta, e per trent’anni non se n’è accorto nessuno”, racconta Panatta. L’ex campione sottolinea che ognuno deve scegliere come comportarsi, ma ribadisce l’importanza di segnali dati anche dallo sport, purché siano “educati e non violenti”.

Il dibattito sulle partite Italia-Israele 

In vista delle partite contro Israele, previste in campo neutro in Ungheria e poi a Udine, il dibattito si è acceso anche tra esponenti politici. Alcuni chiedono di non giocare, altri sollecitano una presa di posizione chiara, mentre la Fifa viene accusata di silenzio. Panatta interviene: “Se tutto poi deve trasformarsi in insulti o fischi contro Israele, allora meglio lasciar stare. Sono contrario a questo genere di manifestazioni”. Secondo Panatta, il dissenso dovrebbe essere rivolto contro il governo israeliano e non contro il popolo.

Gesti simbolici e limiti della protesta 

Panatta non indica quale gesto sarebbe più opportuno, ma ribadisce che “i segnali sono sempre importanti” e che “fondamentale è che non siano violenti”. L’ex tennista aggiunge: “Quello che si dovrebbe scegliere non so e non voglio dirlo – e forse non è neppure importante cosa. Dico che il dissenso deve essere contro Netanyahu, non contro il popolo israeliano”. Panatta conclude che se la protesta dovesse sfociare in insulti, lui sarebbe sempre contrario.

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