“The Brutalist”: il film candidato a dieci premi Oscar che non piace agli architetti

Il film "The Brutalist" di Brady Corbet sta riscuotendo successo tra il pubblico, ma non convince gli architetti.

“The Brutalist”, il nuovo film del regista Brady Corbet, sta riscuotendo un grande successo tra il pubblico ed è candidato a ben dieci premi Oscar, premiato con tre Golden Globe, molto apprezzato dalla critica anche per l’interpretazione di Adrien Brody nel ruolo di un architetto ebreo ungherese emigrato negli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale. Tuttavia, ha suscitato reazioni contrastanti tra gli architetti e gli esperti del settore. Il film esplora il movimento architettonico del brutalismo, noto per le sue forme massicce e materiali grezzi, attraverso una narrazione che intreccia arte, storia e politica.

Il fascino del brutalismo

Il brutalismo è uno stile architettonico che ha avuto il suo apice tra gli anni Cinquanta e Settanta. Caratterizzato da edifici in cemento armato con forme geometriche e spoglie, il brutalismo è spesso associato a una visione utopica della società. l termine brutalismo fa riferimento al nome dal francese béton brut, cioè “cemento grezzo”. Emerse dapprima nel Regno Unito e poi si diffuse nel resto d’Europa, così come negli Stati Uniti e in Giappone. “The Brutalist” di Corbet cattura l’essenza di questo stile, portando sul grande schermo le sue caratteristiche principali. Il film vede Adrien Brody nel ruolo del protagonista, László Tóth, un architetto ungherese ebreo sopravvissuto all’Olocausto. La trama si sviluppa su un arco temporale di circa 30 anni, seguendo il percorso di Tóth dalla sua emigrazione negli Stati Uniti nel 1947 fino agli anni ’70. Nel dopoguerra, Tóth si trasferisce negli Stati Uniti con la moglie Erzsébet (interpretata da Felicity Jones) e la figlia Zsófia, cercando di ricostruire la propria vita e carriera. Nonostante le difficoltà iniziali, riesce a ottenere il supporto di Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce), un ricco mecenate che lo introduce nel mondo dell’architettura americana. Tuttavia, le sfide personali e professionali, tra cui il trauma del passato e le tensioni familiari, mettono a dura prova la sua resilienza e la sua visione artistica. Nonostante le critiche, il film ha il merito di riportare l’attenzione su un movimento spesso sottovalutato e frainteso riuscendo a trasmettere l’impatto visivo e sociale che il brutalismo ha avuto nel corso degli anni, affascinando il pubblico con la sua estetica unica.

Reazioni contrastanti

Mentre il pubblico sembra apprezzare “The Brutalist” per la sua narrazione avvincente e la rappresentazione visiva, gli architetti non sono altrettanto entusiasti. Alcuni esperti del settore ritengono che il film non riesca a cogliere appieno la complessità del brutalismo, concentrandosi più sull’estetica che sull’importanza storica e sociale del movimento. Altri criticano la scelta di rappresentare il brutalismo in modo troppo romantico, tralasciando le critiche che questo stile ha ricevuto nel corso degli anni.

La visione di Brady Corbet

Brady Corbet, regista di “The Brutalist”, ha spiegato in diverse interviste che il suo obiettivo era quello di esplorare il brutalismo da una prospettiva artistica e personale. Corbet ha dichiarato di essere affascinato dalla capacità del brutalismo di evocare emozioni forti e di stimolare riflessioni sul rapporto tra architettura e società. Nonostante le critiche ricevute, Corbet rimane convinto della sua visione e del messaggio che il film intende trasmettere. “The Brutalist” si propone, quindi, non solo come un’opera cinematografica, ma anche come un punto di partenza per una discussione più ampia sul ruolo dell’architettura nella nostra vita quotidiana.

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