Giovanni Muciaccia ha condiviso dettagli sulla sua carriera e vita personale. In un’intervista rilasciata al podcast Tintoria, condotto da Daniele Tinti e Stefano Rapone, ha espresso disappunto per la decisione della Rai di interrompere i suoi programmi senza preavviso. Ha inoltre raccontato episodi in cui ha rischiato la vita praticando kitesurf e ha sottolineato l’importanza di “Art Attack” nella sua vita.
La fine dei programmi Rai
Nel 2019 Muciaccia ha vissuto un momento difficile quando la Rai ha deciso di chiudere improvvisamente i suoi programmi “Cinque cose da sapere” e “La porta segreta”. Ha dichiarato: “Ho avuto la sfortuna di imbattermi in un direttore di rete, Carlo Freccero, che in un anno ha deciso di chiudere 10-12 programmi immotivatamente. Io all’epoca stavo facendo Cinque cose da sapere e La porta segreta: niente, spazzato via tutto. Non avendo paracadute politici mi sono ritrovato a casa: è stato uno choc, una forma di violenza. Penso che un direttore non debba avere il potere di chiudere all’improvviso programmi di divulgazione, che dovrebbero essere nello statuto della tv pubblica”.
Esperienze pericolose con il kitesurf
Muciaccia ha raccontato di aver rischiato la vita tre volte praticando kitesurf. Una volta nel canale d’Otranto e due volte all’estero, ha avuto difficoltà a tornare a riva. Nonostante questi episodi, continua a praticare questo sport con passione.
Il legame con “Art Attack”
Nonostante le sfide, Muciaccia continua a essere legato a “Art Attack”. Ha dichiarato: “Vivo ancora di Art Attack. Ho un pubblico di tre generazioni che mi segue con affetto”. Ha anche parlato del successo del programma, affermando che sembrava “cucito su di me”, ma in realtà era un format già pronto che ha reso suo grazie alla voce, al teatro e alla passione per l’arte.
L’Isola dei Famosi
Durante l’intervista ha parlato anche della possibilità di tornare in tv grazie all’Isola dei Famosi: “Ho detto una marea di no nella mia vita, reality tipo L’Isola dei famosi me l’hanno proposto 4 volte. Non lo farei mai perché non si mangia, per me impensabile, e poi perché non è un’esperienza secondo me professionale”.
