Conoscere l’ictus cerebrale, nove casi su dieci si possono prevenire

Si celebra la Giornata mondiale dell’ictus cerebrale. Il fine è quello di informare su sintomi e conseguenze di un disturbo molto diffuso che annualmente colpisce dodici milioni di persone nel mondo e che è la prima causa di invalidità a livello globale. Nel nostro paese è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie: ogni anno quasi centomila italiani ne vengono colpiti e, di questi, la metà dei superstiti resta con problemi di disabilità. La mortalità è del 20-30% a trenta giorni dall’evento e del 40-50% a distanza di un anno. Nel 75% dei casi vengono colpiti i soggetti con un’età superiore ai 65 anni, prevalentemente uomini.

L’ictus si verifica quando viene meno la giusta quantità di ossigeno al cervello provocando la morte del tessuto cerebrale interessato. Esistono due tipologie di colpo apoplettico: ischemico, che è il più frequente ed è causato dal restringimento o dalla totale occlusione di un vaso arterioso cerebrale, ed emorragico che è l’esito della rottura di un’arteria cerebrale. La perdita ematica fa pressione sul tessuto del cervello e spesso provoca danni irreversibili. I sintomi: perdita di forza o di sensibilità ad un arto, formicolio al viso, disartria (la difficoltà nell’articolare in maniera corretta le parole), afasia (difficoltà a comprendere il significato delle parole), atassia (mancanza di coordinazione), cefalea, visione doppia, confusione mentale, nausea e vomito. Fondamentale è intervenire il prima possibile: riconoscere tempestivamente i sintomi e soccorrere immediatamente può salvare la vita o evitare disabilità gravi. La strategia terapeutica varia a seconda della tipologia di ictus e della sede cerebrale coinvolta: si va dalla cura farmacologica a base di antitrombotici e anticoagulanti all’intervento chirurgico, che ha il fine di liberare i vasi sanguigni ostruiti.

L’acronimo FAST consente di ricordare alcuni test da fare quando si sospetta che una persona sia stata colpita da ictus. F (come “Face” faccia): chiedere di sorridere e osservare se un angolo della bocca non si solleva o “cade” e la bocca appare storta; A (come “Arms” braccia): chiedere di alzare entrambe le braccia e osservare se presenta difficoltà/incapacità a sollevare un braccio oppure a mantenerlo alzato allo stesso livello dell’altro; S (come “Speech”: linguaggio): chiedere di ripetere una frase semplice e valutare se il suo modo di parlare risulti strano o biascicato; T (come “Time”: tempo): se è presente uno qualunque di questi segni occorre chiamare immediatamente i soccorsi. I fattori di rischio del colpo apoplettico si classificano comunemente in modificabili e non modificabili. I primi riguardano patologie e stili di vita come diabete, ipercolesterolemia, sovrappeso, obesità, fumo di sigaretta, abuso di alcol e consumo di droghe. Tra gli altri, invece, rientrano età avanzata, sesso maschile, appartenenza a popolazioni (africana, asiatica, caraibica), familiarità con alcune patologie cardiache e con l’attacco ischemico transitorio.

La prevenzione è l’arma più efficace per ridurre i casi di ictus e si basa sull’adozione e il mantenimento di stili di vita salutari, l’identificazione precoce e l’adeguata gestione di eventuali fattori che aumentano la possibilità che si verifichi il rischio di colpo apoplettico. Inoltre, le diagnosi potrebbero essere evitate fino al 90% correggendo o eliminando i fattori di rischio.

Notizie del giorno

ti potrebbe interessare