Zucchero è certamente una delle grandi leggende della musica italiana, capace di vendere 60 milioni di dischi e collaborare con i più grandi nomi del panorama musicale mondiale. In occasione dell’uscita del nuovo album Discover II il cantante ha rilasciato un’intervista a Vanity Fair, nel corso della quale ha toccato diversi temi.
Per cominciare, ha parlato della musica di oggi confrontandola con il passato: “Adesso, pensi ai talent, gli artisti li bruciano subito. Ai nostri tempi c’era la possibilità di fare più dischi, le case discografiche investivano sui progetti, davano tempo. Gli stessi Dalla e De Gregori, tra i tanti, con le tempistiche di ora non li avremmo mica avuti”.
Il cantante emiliano ripercorre la sua di gavetta, quando nel 1984 era un uomo disperato e con poche prospettive: “Ero a un punto morto: avevo partecipato due volte a Sanremo e in entrambi i casi era andata male. In più avevo già una figlia ed ero senza un soldo. Morale? Ero un uomo finito”.
Per fortuna un impresario dell’epoca decide di dargli fiducia e dopo i primi anni difficili arrivano il successo e le prime collaborazioni internazionali: “Avevo puntato su musicisti internazionali, il resto è venuto da sé. Il primo duetto, voce a voce, fu con Paul Young. Ci conoscemmo mentre stavamo mixando Blue’s, nel 1987, in uno studio di Londra. Lui lavorava di fianco, mi fece sapere che gli era piaciuta Senza una donna e voleva farne una cover inglese. Mi buttai: perché non la cantiamo insieme?».
A proposito invece del brano pubblicato quest’estate con Salmo Zucchero dice: “Stavo vedendo Sanremo con altre venti persone mentre cantava Diavolo in me e, le giuro, non ne sapevo niente: nessuno mi aveva avvisato. Poi sono venuto a sapere che era un fan e ci siamo visti nel suo studio, sui Navigli. Non c’era l’idea di fare un pezzo, il remake di Overdose (d’amore) è venuto dopo. Lì per lì ci siamo trovati umanamente, oltre ad aver scoperto che anche lui ama il blues”.
