Il rapper, imprenditore e produttore discografico Kanye West è alle prese con una causa legale per il presunto utilizzo di un campione non chiarito del pionieristico gruppo rap Boogie Down Productions, ed i suoi avvocati stanno avanzando un’argomentazione insolita, ovvero che il fondatore dei Boogie Down avrebbe promesso a tutti i futuri rapper che “non sarebbero stati citati in giudizio”.
In una mozione presentata venerdì, gli avvocati di West (che ha cambiato legalmente il suo nome in Ye) hanno chiesto a un giudice federale di Manhattan di annullare la causa di novembre, che sostiene che West abbia incluso un campione illegale della canzone “South Bronx” dei BDP del 1986 nella sua “Life of the Party”, pubblicata su Donda del 2021.
Per farlo, gli avvocati hanno fatto riferimento a un breve momento di un documentario del 2006 intitolato The Art of 16 Bars, in cui il fondatore di Boogie Down, KRS-One, “afferma con enfasi” che non avrebbe intentato una causa del genere. “Do a tutti gli MC il mio intero catalogo”, avrebbe detto nel documentario, che è disponibile integralmente su YouTube. “Non verrete citati in giudizio se campionate un disco di KRS-One o se fate un’interpolazione dei miei testi, qualsiasi cosa. Il mio intero catalogo è aperto al pubblico”.
Secondo gli avvocati di West quindi, la citazione “mette in discussione” la proprietà dei diritti d’autore che egli avrebbe violato, così il gruppo che ha intentato la causa, Phase One Network, deve ora dimostrare che è lui – e non “gli MC di tutto il mondo” – a controllare i diritti d’autore di Boogie Down.
Del resto, il caso di “Life of the Party” è una delle numerose cause recenti che sostengono che West abbia illegalmente campionato o interpolato musica esistente nei suoi brani. Nel maggio del 2022, un pastore texano di nome David P. Moten ha accusato il rapper di aver campionato il suo sermone registrato in “Come to Life”; un mese dopo, è stato nuovamente citato in giudizio per aver utilizzato un frammento del brano house “Move Your Body” di Marshall Jefferson del 1986 nella canzone “Flowers”. Insomma, il produttore non è nuovo a questo genere di accuse discografiche.