Bono Vox a teatro: “Una storia unica e irripetibile”. Il racconto di Stefano Piccirillo

Bono Vox e "Stories of Surrender", uno show indimenticabile al Teatro San Carlo narrato dalle parole del nostro Stefano Piccirillo.
Il commento e le emozioni di Stefano Piccirillo, che al Teatro San Carlo ha assistito a Stories of Surrender, l’incredibile spettacolo di Bono Vox.
bono vox al teatro san carlo
Foto: Kevin Mazur

Dalla mattina di sabato il centro di Napoli, a poche centinaia di metri dal Teatro San Carlo, vedeva una fila ad elle che partiva da Piazza Del Plebiscito, composta da persone uomini in abito da sera, dress code nero, e donne con il loro migliore outfit da evento storico. A questi si aggiungevano, di ora in ora, sempre più persone, in una fila da passerella pronta ad esultare di gioia come allo stadio.

Bono Vox non tornava a nel capoluogo campano dal 1993, dai tempi del Zooropa tour, quando si cantavano Stay e Lemon all’allora Stadio San Paolo, oggi intitolato a Diego Armando Maradona.

Ed è stato proprio il calcio il biglietto di ingresso del leader degli U2, con una sciarpa al collo che non lasciava dubbi relativi al senso di appartenenza della voce di Pride nei confronti della città partenopea.
Aggiungiamoci una location unica al mondo: il teatro che Paul David Hewson ha desiderato, voluto e scelto in onore del papà che teneva ad essere un tenore, con una immensa passione per Luciano Pavarotti.

Stories of Surrender è un’autobiografia dove le parole si fondono alla musica, esattamente come ha voluto Bono per la sua ultima data del tour, nel teatro più antico d’Italia.

Entrare all’interno del San Carlo di Napoli è una botta al cuore e alla testa; guardi il soffitto settecentesco e ti gira la testa dall’emozione, così come per i palchi issati fino al quinto livello e la platea.

Resto in piedi prima di accomodarmi, respiro, vivo e inizio guardare questo posto Magnificent.
Poi entrano i tre musicisti, un violino, un’arpa e un comparto di tastiere e batterie elettroniche, due donne, un uomo poi… arriva lui.

Parte con City of Blinding Lights ed è già delirio, il pubblico si alza subito in piedi, dobbiamo alzarci anche noi. Prima canzone, prima standing ovation.

I cellulari sono banditi, all’ingresso sono stati messi in una custodia che solamente il servizio d’ordine dello show può riaprire, ma solo quando si esce .

Bono saluta con un “Grazie” e si accomoda sulla poltrona. Accanto a lui un posto vuoto, immagina il padre e racconta di quando Brandon Robert Hewnson gli chiedeva dei lavori a casa, oppure del successo che suo figlio, ormai rockstar affermata, stava conseguendo.

Il leader degli U2 racconta di quando disse al padre della chiamata ricevuta da Luciano Pavarotti conoscendo la passione di colui che lo ha messo al mondo per il tenore. La risposta che ebbe fu: “Ha sbagliato numero?”

Parte Vertigo in una versione elettroacustica. La musica e le parole raccontano la sua vita fin dall’infanzia, e l’aneddoto del messaggio in bacheca al liceo dell’allora a lui sconosciuto Larry Mullen, batterista che cercava un cantante, un chitarrista e un bassista per mettere su un band.

C’è lo spazio per ascoltare Bono Vox che mostra un biglietto da visita con su impresso il nome della band e l’aggiunta non riconosciuta dal resto del gruppo: manager Adam Clayton. Un momento dal grande fascino.

Mi sono emozionato quando l’amore cantato di getto in With or without you ha scatenato cori romantici per poi ricevere in dono il racconto di Alison ,sua moglie, ai tempi del liceo, che era nella stessa classe di The Edge. Lui ne era geloso da ragazzo, perché i due compagni di classe passeggiavano spesso insieme.

Mi si è stretto il cuore quando l’artista irlandese ha parlato del suo approccio alla fede, raccontando dell’incontro con Giovanni Paolo II. “Gli ho portato un regalo, i miei occhiali blue-fi”, fu in occasione dell’organizzazione del Giubileo del 2000.

Il padre rappresenta la figura centrale dello show, nei suoi pensieri, ma poi arriva l’apoteosi.
“Olè , olè , olè..Bonooo…Bono….” Per la prima volta un teatro si trasforma in uno stadio, ma la reazione del pubblico non è fuori posto, è una gioia sacra.

Eccolo, si siede, prende il microfono, occhiata alla platea e intona Torna a Surriento, non una, ma ben due volte.

Inchino e sipario su una storia unica, irripetibile.
Un vero privilegio per me, impossibile da non condividere con voi.

Stefano Piccirillo

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