In Io, tu e Kiss Kiss in diretta dal Pitti Pizza & Friends di Salerno Stefano Piccirillo ha intervistato ai microfoni di Radio Kiss Kiss Ciccio Merolla.
Nel nostro glass-box è arrivato Ciccio Merolla. Ciao!
Eccomi qua. Buonasera!
Allora, cosa si prova durante il check delle prove. Ti immagini già la gente davanti o vuoi restare in una bolla?
Io mi sono trovato davanti a questo quadro incantevole che è il mare di Salerno. Diciamo che ho suonato pensando al mare.
Tra l’altro la tua voce è così familiare. Malatìa non è nata per caso dal punto di vista artistico e musicale perché è un progetto pelle e percussioni. E poi si è scatenata la gioia per lo scudetto del Napoli. Tu sei stato travolto da Malatìa.
Non era solo lo scudetto. Si è scatenata la voglia di tutte le cose belle che riguardano Napoli, ma a noi sono arrivati video da tutto il mondo. Quindi il significato di malatìa è quasi di ossessione, ancora più della passione. Qualcosa di cui non si può fare a meno.
Tra l’altro in Sudamerica quel pezzo nella versione originale un po’ ti ha ispirato.
Assolutamente. Quando ho sentito il pezzo colombiano di Martina Camargo ho subito pensato “Questo è un pezzo napoletano. Questo è un pezzo pelle e voce”.
Pelle e voce è una bellissima definizione che si addice a quanto la pelle senta la tua musica e le tue percussioni in un modo più profondo. Molto più di una malatìa, è un’ossessione musicale.
Assolutamente. Ma sai, per un percussionista riuscire ad avere successo con un brano percussioni e voce è il massimo della soddisfazione.
Tu inizi con le percussioni ad un’età da bambino, a cinque anni. Come mai?
Io a cinque anni vidi un Sanremo dove la sigla era suonata da un’orchestra del maestro Newman. Davanti a tutti c’era un percussionista con delle congas gialle bellissime e ricordo che rimasi talmente folgorato che poi quel pensiero non mi ha mai abbandonato.
Quindi è stata questa la tua malatìa…
È stata la mia malatìa!
La prima volta che ho ascoltato Tereketè ho pensato “devo mettermi a ballare”.
Questa è una bellissima cosa.
La figura centrale di uno strumentista con le percussioni è un fatto quasi nuovo nel mondo della musica pop, ma non è nuovo per le tue fonti di ispirazione come Tony Esposito e Tullio De Piscopo.
Certo. Ma anche africani e brasiliani. Il tamburo ha un grande potere. Ha il potere di comunicare. Ha il potere del movimento e del ritmo. Ed è anche un bellissimo strumento di accompagnamento.
Poi c’è il pentagramma per altri strumenti. E c’è un pentagramma molto particolare per le percussioni. Ci fai un tutorial su come si potrebbe suonare?
In realtà è lo stesso pentagramma di un batterista. È fatto di figure e non di note. Ovviamente noi parliamo sempre di percussioni etniche, quindi tribali. Parliamo poi di percussioni di musica classica e qui c’è un pentagramma che va anche a note. Per esempio, i timpani sinfonici hanno delle note. Lo stesso pianoforte è una percussione indiretta. Il campo delle percussioni è talmente ampio ed è talmente un mondo vasto che mi ha rapito da piccolo e non ci sono uscito più perché è un po’ come girare il mondo quando suoni le percussioni. Ogni strumento poi ti fa capire il suono di quel Paese e il suo ritmo.
Suonare le percussioni con le tue mani significa avere le mani assicurate. Mi auguro tu abbia un’assicurazione per le tue mani!
Eh ci sto pensando!
In realtà un percussionista non si ferma mai, sia a livello di collaborazioni che di produzioni. Cosa ci aspetta per la nuova stagione autunnale?
Ci sarà un nuovo singolo tra poco. Non posso spoilerare niente, però è chiaro che farò uscire pezzi con continuità.
Tu sei un’espressione dalla world music. Io ti ringrazio tantissimo perché porti tanta cultura musicale, cultura di una città al centro del mondo come Napoli e di tutte le città che sposano il tuo ritmo. Kiss Kiss a te e grazie!