In questi giorni è iniziata la Mostra del Cinema di Venezia e uno dei film più acclamati da pubblico e critica è Maria, il biopic dedicato agli ultimi giorni di vita di Maria Callas, interpretata da Angelina Jolie e affiancata da Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino.
Quest’ultimo presta il volto a Ferruccio, il maggiordomo-amico della Callas. L’artista romano è stato protagonista di una masterclass con giovani attori del progetto Generazione Do e in questo confronto ha esordito parlando del difficile mestiere di attore:
“Ognuno di noi ha una paura, e fare questo mestiere significa riuscire a venire a patti con quella paura nella maniera più onesta possibile. Quali sono queste paure? Il giudizio degli altri, il desiderio di ricevere un applauso, il bisogno di farsi dire bravo, sono debolezze che appartengono a tutti. Si dice che la molla dell’attore sia l’ego, ma io non ci credo”.
Favino prosegue con una serie di elogi al regista Larraìn e alla sua capacità di lasciare improvvisare i suoi attori. Quindi continua parlando del fatto di essere camaleontici in scena:
“Essere camaleontici è diverso dal mettersi una maschera. Io per vent’anni non ho avuto la faccia giusta, sono uscito dall’Accademia nel 1992, ai provini per vent’anni ho continuato a interrogarmi su cosa non ero riuscito a fare”.
Per prepararsi al ruolo di Ferruccio Pierfrancesco Favino ha guardato un’intervista, senza conoscerlo di persona: “Lui ha avuto un problema serio alla schiena e si parlava di dolore spirituale, così ho cominciato a chiedermi se poteva interessare anche questo aspetto fisico del dolore. L’ho proposto a Larraìn che mi ha detto “proviamo”.
Infine, l’attore termina con una piccola considerazione: “Con Maria sono felice di far parte di un film che parla di un’artista. Di fronte all’arte, importa solo cosa prova chi la guarda, non l’artista. Vale anche per la recitazione: al cinema conta l’emozione dello spettatore, non l’emozione dell’attore».