Il regista Paul Thomas Anderson ha recentemente condiviso dettagli sul lungo processo creativo che ha portato alla realizzazione del suo ultimo film, “Una battaglia dopo l’altra”. In un’intervista, secondo quanto riportato da Everyeye Cinema, Anderson ha rivelato: “Ho iniziato a lavorare a questa storia 20 anni fa con l’obiettivo di scrivere un film d’azione con inseguimenti in auto, e ci tornavo sopra ogni due o tre anni”.
L’ispirazione da “Vineland” di Thomas Pynchon
All’inizio degli anni 2000, Paul Thomas Anderson ha seriamente valutato l’idea di portare sullo schermo “Vineland”, il romanzo di Thomas Pynchon ambientato negli anni ’60 ma scritto con lo sguardo disilluso degli anni ’80. Affascinato dalla complessità della narrazione e dalle sue implicazioni politiche e culturali, il regista ha raccontato: “Stavo cercando di decifrare cosa potesse significare quella storia per il nostro presente, vent’anni dopo che lui l’aveva scritta”.
Tuttavia, nel tempo, Anderson si è reso conto delle difficoltà insite in una trasposizione cinematografica fedele del testo: “Realisticamente, credo che Vineland sarebbe stato impossibile da adattare così com’è”, ha ammesso. Più che un ostacolo, però, questo limite si è trasformato in stimolo creativo. Il regista ha scelto quindi un approccio diverso: “Invece, ho rubato le parti che mi piacevano di più e ho iniziato a mettere insieme tutte queste idee che mi suscitava il libro. Con la benedizione di Pynchon, ovviamente”.
Questa fase di studio e rielaborazione ha finito per gettare le basi di quello che anni dopo sarebbe diventato “Vizio di forma” (“Inherent Vice”, 2014), primo vero adattamento cinematografico di un’opera di Pynchon, tratto da un romanzo successivo ma con molte affinità tematiche e stilistiche con “Vineland”.
Un progetto lungo due decenni
Anderson ha sottolineato come, nel corso di oltre due decenni, abbia continuato a sviluppare, rielaborare e intrecciare una moltitudine di idee creative, molte delle quali erano nate proprio in quel periodo iniziale di riflessione: “Per 20 anni non ho fatto altro che tirare tutti questi fili e svilupparli e, in un certo senso, nessuno di loro mi ha mai abbandonato davvero”, ha raccontato il regista.
Un lavoro di sedimentazione lento e paziente, che ha permesso alla sua visione di maturare nel tempo, mantenendo però viva l’ispirazione originaria. Questo impegno prolungato e la dedizione costante al progetto sembrano aver dato i loro frutti: il suo ultimo film, “Una battaglia dopo l’altra”, è stato accolto con entusiasmo dalla critica internazionale. Le recensioni sono ampiamente positive, e alcuni autorevoli commentatori non hanno esitato a definirlo “il film del decennio”, lodandone la profondità narrativa, la regia meticolosa e la potenza emotiva. Un riconoscimento importante, che premia un processo creativo lungo e coraggioso.