Il fragile equilibrio al confine tra Thailandia e Cambogia è crollato nuovamente. Nelle ultime ore, violenti scontri armati hanno causato almeno nove vittime e l’evacuazione di oltre 40.000 civili da 86 villaggi, segnando una delle peggiori escalation degli ultimi anni tra i due Paesi. A farne le spese è soprattutto la popolazione locale, costretta a fuggire in fretta da un’area divenuta campo di battaglia.
Un confine conteso, un’escalation annunciata
Secondo fonti dell’emittente pubblica di Bangkok, il primo attacco sarebbe partito dalle forze cambogiane, che avrebbero aperto il fuoco nei pressi del tempio di Ta Moan Thom, una delle zone più sensibili del confine lungo gli oltre 800 km che separano i due Paesi. Da lì, la situazione è degenerata rapidamente.
La risposta di Bangkok non si è fatta attendere: la Thailandia ha lanciato raid aerei su obiettivi militari in Cambogia, impiegando caccia F-16, come confermato dal vice portavoce delle forze armate, Richa Suksuwanon. I jet hanno colpito aree strategiche nei pressi dell’antico tempio di Preah Vihear, un altro punto simbolico e storico al centro delle dispute territoriali.
Scambio di accuse e rottura diplomatica
Le responsabilità sull’innesco del conflitto restano incerte. Thailandia e Cambogia si accusano reciprocamente di aver aperto il fuoco per primi. Phnom Penh denuncia quella che definisce una “sconsiderata e brutale aggressione militare” e ha immediatamente chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Dal canto suo, la Thailandia ha richiamato il proprio ambasciatore e espulso il diplomatico cambogiano a Bangkok, in seguito a un incidente con mine antiuomo che ha ferito un soldato thailandese.
La reazione della Cina: “Serve dialogo”
In un contesto geopolitico teso, anche Pechino ha rotto il silenzio, esprimendo “profonda preoccupazione” per la situazione. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, ha invitato entrambe le parti ad “accomodare le differenze attraverso il dialogo e le consultazioni”, sottolineando che la Cina manterrà una “posizione equa e imparziale”.
Un conflitto che riemerge ciclicamente
La zona di confine tra Thailandia e Cambogia non è nuova a scontri. Tra il 2008 e il 2011, l’area fu teatro di un’altra grave crisi armata che causò 34 morti e migliaia di sfollati. Anche allora, le tensioni si concentrarono attorno al controllo dei templi di epoca khmer, da sempre oggetto di rivendicazioni storiche e simboliche.
In attesa di sviluppi
L’attenzione internazionale ora è alta. La situazione resta fluida e pericolosa, con migliaia di civili ancora in fuga, frontiere chiuse e minacce reciproche. Le prossime ore saranno cruciali per capire se l’escalation potrà essere contenuta con la diplomazia o se il conflitto rischia di allargarsi, travolgendo una regione già segnata da troppe ferite irrisolte.