Questa mattina, in Good Morning Kiss Kiss, abbiamo parlato della protesta degli agricoltori a Bruxelles con Cristiano Fini, presidente CIA Agricoltori Italiani.
Buongiorno presidente benvenuto! Cosa sta succedendo? Perché gli agricoltori protestano?
«Buongiorno, grazie. Diciamo che è una situazione che si trascina da un po’ di tempo. Noi l’avevamo già denunciato il 26 di ottobre che la situazione era degenerata e si doveva intervenire immediatamente per cercare di invertire la rotta, perché le aziende agricole erano e sono tutt’ora in ginocchio. È evidente che questa protesta nasce sull’onda delle proteste europee in Francia, Germania e altri paesi, ma comunque dimostra anche tutto il malessere che c’è nel nostro malessere sull’agricoltura. Riguarda principalmente le politiche europee e che vede anche, nel nostro paese, la necessità di mettere in campo subito delle azioni strutturali, importanti, contro la crisi climatica, l’aumento dei costi di produzione e una PAC che sta dando agli agricoltori mediamente solo il 60% delle risorse rispetto agli anni precedenti. Il mi di queste cose sta facendo saltare il banco.»
Possiamo dire che, a livello europeo, la agricoltura italiana è messa un po’ peggio? Siamo i più bersagliati sia perché bersagliati dal cambiamento climatico ma anche i più imitati, contraffatti, con più limitazioni. Questa protesta sarebbe dovuta partire dall’Italia piuttosto che dalla Germania, no?
«Il tema è questo, l’analisi è perfetta. Noi siamo i più esposti per due ragioni principalmente. La prima è la crisi climatica, che sta colpendo maggiormente i paesi del Mediterraneo, quindi il nostro è più esposto. L’altro tema è il Made in Italy agroalimentare, le eccellenze che produciamo ed esportiamo, che sul valore aggiunto incidono ancora maggiormente. L’Italia è più esposta. Però, le proteste a livello europeo sono nate principalmente da questioni locali. In Germania il contributo sul gasolio agricolo, nei paesi dell’Est il grano che arriva dall’Ucraina che li mette in ginocchio. Invece, c’è un tema trasversale che riguarda tutti i paesi e riguarda la tematica europea. Perché l’Europa negli ultimi anni ha scelto di mandare avanti una politica senza gli agricoltori e contro gli agricoltori.»
Sta parlando del Green Deal praticamente?
«Sì, sicuramente. Quando è stato approntato il Green Deal abbiamo detto che avremmo accettato solo con gli strumenti per difenderci da fitopatie, siccità, perché sapevamo che la situazione era già grave. Come previsto, la situazione si è aggravata ulteriormente sotto questi punti di vista e non ci sono stati dati gli strumenti. Motivo per cui oggi rifiutiamo alcune politiche portate avanti all’interno del Green Deal. Dall’altro lato, chiediamo e rivendichiamo fin da subito che ci vengano dati gli strumenti. Mi riferisco al tema dell’Etea, cioè le piante maggiormente resistenti a fitopatie e siccità, che nulla hanno a che vedere con gli OGM, ma che a causa di un dibattito puramente ideologico legato agli OGM impropriamente, ha portato a non darci questo tipo di strumento. Chiaro che stiamo accelerando a livello europeo, con un regolamento che va approvato prima della fine di questa legislatura, immediatamente.»
In chiusura: continueranno le proteste?
«Immagino che continueranno. Noi cerchiamo di riportare tutto quanto all’interno di un dibattito istituzionale, o meglio, un confronto serrato.»
Ci riaggiorneremo! Grazie presidente!
«Grazie a voi!»