In questo appuntamento della rubrica “Economia per tutti” su Radio Kiss Kiss parliamo di occupazione giovanile e di un modello virtuoso di scuola-lavoro.
È di qualche giorno fa la notizia che le imprese italiane sono alla ricerca di 1,5 milioni di lavoratori ma il 40% è introvabile perché mancano le competenze, cioè mancano lavoratori adeguatamente formati in grado di soddisfare le esigenze delle aziende. Il dato è reale anche se sembra inverosimile visto il livello di disoccupazione del nostro Paese, da anni tra i peggiori in Europa. Eppure, come riportano i dati elaborati da Unioncamere ed Anpal, il mercato del lavoro da qui al 2026 potrebbe avere bisogno di circa 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro, senza sapere dove trovarli. Nel frattempo, però, la disoccupazione aumenta insieme al costo per la collettività (la cassa integrazione) anche per effetto della guerra, che rende incerto il futuro delle imprese italiane. Quindi mentre da un lato il lavoro rallenta per la situazione politica internazionale (carenza di domanda), dall’altro laddove le aziende vorrebbero incrementare il proprio organico manca personale adeguato (carenza di offerta). Un paradosso ed un’opportunità se si considera che il 40% della popolazione è disoccupata!! Le origini di questa anomalia del mercato del lavoro sono due: sussidi e sistema scolastico.
Le politiche passive (sussidi come il reddito di cittadinanza), giuste ma migliorabili, in alcuni casi disincentivano l’offerta dei lavoratori, specie nei comparti stagionali come il turismo ed il commercio, lasciando scoperti questi settori. Mentre la carenza di profili adeguati dipende dal sistema scolastico che non riesce a formare determinate figure professionali in diversi settori: sanità, trasporti e industria. In ambito tecnico scientifico mancano in particolar modo periti, ingegneri, elettricisti ma anche meccanici, informatici, esperti di cyber security, così come operai specializzati ed autisti, come è emerso recentemente dalle cronache.
Questo disallineamento tra domanda e offerta di lavoro richiede una cura ed un indirizzo strategico di lungo periodo e, soprattutto, un dialogo maggiore tra scuole ed aziende, per non farsi sfuggire le tendenze del mercato e le richieste delle imprese. La scuola dovrebbe lavorare su più fronti: stare al passo della tecnica per ciò che concerne i lavori di “testa” ma anche valorizzare di più quei lavori, che David Goodhart definisce di “mano” e di “cuore” (es. operatori sanitari), indispensabili per la società e spesso non adeguatamente rispettati dalla comunità. Se la scuola non riesce ad essere al passo con l’innovazione ed il mercato, questo mismatch di competenze non può che crescere creando un danno alla capacità competitiva delle aziende oltre che ovviamente ai giovani, i quali vedono sfuggire il loro futuro. E sfuggono anche dalla scuola, come dimostra il dato sull’abbandono scolastico, oggi al 13%, mentre il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è al 24,2%, cioè tra i peggiori d’Europa. E questo purtroppo è un dato medio visto che in alcune regioni italiane si arriva anche al 40%. Ai primi posti della graduatoria troviamo invece alcune regioni della Polonia, della Cecoslovacchia ed ovviamente della Germania, con un tasso di disoccupazione giovanile, irrisorio, intorno al 6%. Proprio i tedeschi sono fautori del sistema di formazione duale che nel nostro Paese non siamo riusciti ancora a replicare, tranne che in Alto Adige, dove forse il modello scolastico è anche migliore che in Germania, con un tasso di disoccupazione complessivo del 4%. Un’oasi italiana felice, quella altoatesina. Sabato 14 maggio 2022, nella rubrica “Economia per tutti” ne hanno parlato Luca Iovine e Raoul.