I nomadi digitali sono sempre di più: il punto sul futuro del lavoro

È stato studiato che lavorare dal posto che si preferisce aumenta notevolmente la produttività. Analizziamo il fenomeno dei nomadi digitali.
Questa mattina, in Good Morning Kiss Kiss, abbiamo parlato del fenomeno del nomadismo digitale Alberto Mattei, presidente dell’associazione dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali.

Buongiorno Alberto benvenuto! Dal punto di vista fiscale, previdenziale e organizzativo, qual è il consiglio per essere nomadi digitali?

«Grazie, buongiorno a tutti gli ascoltatori. Diciamo che innanzitutto il fenomeno del nomadismo digitale è molto più ampio di come viene raccontato e descritto. Nel senso che non identifica una specifica categoria professionale o un target ben definito di persone, in realtà ci sono tanti modi di vivere e lavorare da nomadi digitali, ci sono professionisti, imprenditori, dipendenti.»

C’è una cifra ipotizzabile? Quanti sarebbero o potrebbero essere in Italia i nomadi digitali, più o meno?

«È difficile dare una quantificazione specifica proprio perché non ci sono dei parametri. NomadList, che è un sito internazionale ed è un po’ il punto di riferimento come sito di piattaforme internazionali, che sostiene che siano circa 500.000 gli italiani in giro per il mondo che si definiscono nomadi digitali.»

Sembrano pochi e invece no! Mezzo milione di persone che anziché essere in ufficio sono in giro per il mondo. E chissà potenzialmente quanti potrebbero essere, perché diventa esponenziale il numero.

«Esatto, assolutamente sì. È questa la cosa interessante che, ripeto, non avendo gli elementi per classificare specificamente, non è una categoria professionale e non possiamo identificare esattamente quanti siano. Peraltro, tante persone fanno nomadismo digitale a tutti gli effetti, nel senso che hanno la possibilità di lavorare da remoto e si spostano in posti diversi, però non si identificano in questa immagine che spesso è associata al giovane con lo zaino sulle spalle. Per cui, a parte la definizione, il concetto interessante è che il lavoro da remoto sta portando a una vera e propria rivoluzione della stanzialità umana. E chiaramente questo sta portando a delle riflessioni dal punto di vista fiscale, previdenziale e giuslavorista. Ci sono tutta una serie di conseguenze riguardo i nuovi modi di lavorare che dovrebbero essere presi in considerazione. Attualmente non abbiamo normative specifiche nel nostro paese. Il nomadismo digitale è stato inserito nel l’ordinamento giuridico italiano, ma unicamente da un punto di vista di diritto nel testo unico sull’immigrazione. L’ordinamento giuridico considera nomadi digitali i professionisti stranieri che hanno una possibilità di lavoro e vogliono venire nel nostro paese a lavorare per periodi di tempo variabili. Per il resto, non esiste una normativa specifica, per cui ce lo auguriamo presto.»

Ci sono molti paesi che si stanno dando da fare con delle iniziative per attrarre i nomadi digitali. L’Italia sta facendo qualcosa in questo senso?

«Sì. Noi abbiamo da poco pubblicato il terzo rapporto sul nomadismo digitale in Italia che è possibile scaricare gratis sul sito nomadidigitali.it. Parla proprio di questo, di come il nomadismo digitale può diventare un’opportunità per valorizzare i nostri territori. Proprio perché delle persone libere di lavorare ovunque potrebbero scegliere di venire sia dall’estero che dall’Unione Europea o dall’interno del nostro paese per vivere in luoghi dove c’è una qualità della vita diversa, una qualità dell’aria, o dove si possono vivere esperienze significative.»

Si può fare insomma. Quindi, ricordiamo il sito.

«nomadidigitali.it e il rapporto si può scaricare gratuitamente e affronta specificamente questa tematica mettendo in evidenza le opportunità che si creano, ma anche i vincoli che ci sono attualmente, le criticità che il nostro paese deve risolvere, tra cui ad esempio quella di dotarsi di un quadro normativo di riferimento.»

Grazie e buon lavoro!

«Grazie a voi e buon lavoro a tutti!»

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