Gran Bretagna, respinto l’appello dei genitori di Indi, le macchine che la tengono in vita saranno staccate

Al termine dell’udienza in cui si è discusso della possibilità di trasferire la giurisdizione del caso di Indi Gregory al giudice italiano, la Corte inglese ha fissato entro lunedì il termine per la sospensione dei supporti vitali che tengono in vita la bimba di 8 mesi affetta una grave patologia mitocondriale e che i medici del Queen’s Medical Centre di Nottingham e i giudici britannici considerano terminale. Rigettato, dunque, l’appello dei genitori della piccola che chiedevano di impedire il distacco dalle macchine, anche alla luce delle richieste delle istituzioni italiane -che tramite il governo hanno conferito la cittadinanza a Indi- e della disponibilità dell’ospedale Bambino Gesù di Roma ad accogliere la paziente.

Anche la premier Giorgia Meloni era intervenuta scrivendo al lord cancelliere e segretario di stato per la giustizia del Regno Unito per chiedere una collaborazione ufficiale tra i due paesi  al fine di facilitare il trasferimento di Indi a Roma ai sensi della Convenzione dell’Aia. Ma secondo il giudice inglese Peter Jackson, non solo l’intervento italiano non è nello spirito della Convenzione, ma i tribunali inglesi sono in una posizione migliore per valutare l’interesse superiore della bambina.

Intanto i legali dei genitori, insieme a Pro Vita & Famiglia onlus e all’avvocato Simone Pillon -che stanno seguendo gli sviluppi dal lato italiano della vicenda- fanno sapere di essere al lavoro su altri percorsi, ma il tempo è poco. Negato anche il ritorno a casa, la piccola dovrebbe essere trasferita sabato in un hospice dove trascorrerà le sue ultime ore.

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