Gabriele Camelo: l’insegnante che preferisce i messaggi motivazionali ai voti

I voti di Gabriele Camelo, nella sua professione di maestro, sono differenti: si basano su delle valutazioni emotive. Ne parliamo con lui.
Questa mattina, in Good Morning Kiss Kiss, abbiamo parlato con Gabriele Camelo, insegnante.

Abbiamo in diretta Gabriele Camelo, buongiorno maestro! Partiamo dall’inquadrarti: maestro, ma dove e cosa insegni?

«Buongiorno! Sono un maestro elementare, oggi si dice “docente di primaria”. Insegno italiano e inglese in una scuola alla Kalsa, Palermo. Volevo fare una precisazione, perché avete parlato delle direttive ministeriali. Sicuramente è empirico il fatto di scrivere commentini sul quaderno, e penso che sia per questo che mi avete chiamato.»

Certo che sì, ha colpito molto non solo noi ma anche tanti nostri ascoltatori che ti fanno i complimenti.

«È da un po’ di anno che dalla direttiva ministeriale non ci sono più i voti scritti numerici, questo è da chiarire. Poi ogni maestro stabilisce un legame affettivo con i propri bambini, e una delle maniere in cui lo faccio è di scrivere questi commenti motivazionali sul quaderno, ma è una cosa abbastanza naturale. Mi porto i quaderni a casa, li controllo e cerco di scrivere cose costruttive per quel bambino.»

L’alternativa quale potrebbe essere? Non dovessi mettere i tuoi pensieri, ci sarebbe un voto? Come si fa?

«Ogni maestro trova il modo di far sapere ai bambini le proprie valutazioni, ma per legge dobbiamo comunque compilare un portale con dei descrittori. Tu inserisci un numero da zero a cinque in questo portale per valutare quel bambino; questo numero viene tradotto automaticamente in una frase che definisce la pagella. Questo crea anche un po’ di confusione nelle famiglie, perché queste frasi messe lì in maniera un po’ automatica forse non aiutano molto le famiglie a prendere consapevolezza delle valutazioni.»

Ci incuriosisce molto il tuo rapporto con i bambini, che qualcuno ha anche contestato. Ho un bambino di 8 anni e so che i suoi maestri non portano a casa quaderni, li correggono in classe, e quando torna a casa con qualcosa di rosso nel quaderno, mio figlio è turbato e non poco. C’è molta competizione tra bambini. Questo modo di interagire con loro sta dando i suoi frutti o vedi i bambini più contratti? Come reagiscono?

«Allora, chi lavora in classe e con amore per i bambini sa quanto questo amore sia rivoluzionario. Ho lavorate anche in scuole cosiddette “di frontiera”. La Vucciria è al centro di Palermo, ma c’è un’utenza con famiglie in difficoltà, e automaticamente i bambini arrivavano in classe con comportamenti difficili. Ma abbracciarli, coccolarli, dirgli “ti voglio bene”, accarezzare le loro lacrime, prendersi cura di loro li trasforma, e aiuta i bambini a crescere didatticamente. Non c’è crescita didattica se non c’è serenità, quindi il primo passo da fare è creare serenità in classe. Io cerco di creare un’atmosfera da piccola famiglia in classe, lo dico sempre ai bambini, siamo una piccola famiglia e dobbiamo cercare di essere sereni.»

Ed è così. Invece i colleghi come si relazionano con te? Come sono nei tuoi confronti?

«Coi colleghi a scuola ho un buon rapporto. Queste notizie che stanno uscendo sulla stampa diciamo che mi stanno mettendo in difficoltà con il resto dei colleghi virtuali, diciamo così. In parte li capisco, perché si sta creando tutta quest’attenzione intorno a me, ma non credo di fare qualcosa di straordinario. Nel mircomondo delle classi ci sono tantissimi colleghi che fanno la stessa cosa che faccio io, magari ognuno nel proprio modo, ma sono sicuro che sono miliardi le carezze e gli abbracci che vengono date dagli altri colleghi.»

Gabriele, complimenti e grazie!

«Ciao ragazzi!»

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