Questa mattina a Radio Kiss Kiss abbiamo parlato di emancipazione dei bambini.
Per approfondire l’argomento è intervenuto lo psicoterapeuta Luca Bidogia:
Cosa pensi del format giapponese in cui cercano di responsabilizzare i bambini tra i 2 e i 5 anni, facendo fare loro delle commissioni?
«Devo dire che ho visto solo degli stralci su YouTube. Sicuramente fa discutere. Una parte di me direbbe che questa cosa non si può fare, è pericolosissima. Però, da quello che ho capito, il format è costruito attorno al bambino e viene fatto in tutta sicurezza. È come se fosse una versione molto estrema del metodo Montessori, perché si costruisce una città in modo finto e a misura di bambino. Sicuramente viene fatto per l’intrattenimento televisivo, ma la parte interessante è quella di riportare una città a misura di bambino. Questo elemento fa ragionare su due cose: i nostri politici e i nostri sindaci possono riflettere su come costruire le città, e poi, in merito, si può dialogare con i nostri figli.»
In casa, quindi in un ambiente protetto, c’è un’età giusta per far fare ai bambini piccoli qualche cosa, come tagliare con le forbici o chiudere a chiave una porta?
«La risposta è: “dipende”. Dipende davvero da tante cose, in primis dal contesto, che si intende come l’insieme di esperienze che i bambini hanno fatto insieme ai genitori o con figure di riferimento. Fin da piccoli, per esempio, i piccoli sono abituati ad utilizzare forbici per bambini, hanno una certa manualità. Un’accendino, ovviamente, il bambino non lo usa e quindi bisogna stare attenti perché il piccolo apprende per esperienza diretta o imitazione.»
I nostri genitori o nonni, che ci facevano assaggiare il pane nel vino o un goccio di caffè, erano pessimi o facevano bene?
«Questa dimensione dovremmo riprenderla, tenendo presente le cose che la scienza ci ha insegnato. Oggi stiamo andando in una direzione in cui puntiamo a macchine attente agli urti, a un minore inquinamento, a mangiare più sano, ma in comunità più ristrette, in cui i bambini sono un po’ di responsabilità condivisa, l’educazione “condivisa” è importante. I bambini non sono così delicati, hanno bisogno di fare esperienze.»