“Contadini e contenti” è l’epilogo del “Ragazzo di campagna” film che vedeva protagonista Renato Pozzetto nel ruolo del 40enne Artemio. Un film cult italiano che, uscito quasi 40 anni fa, precorreva i tempi tanto da essere ancora attualissimo.
Pandemia e distanziamento forzato hanno aumentato la voglia di vicinanza sociale in tutto il mondo ed a maggior ragione in Italia dove siamo abituati per cultura al contatto fisico ravvicinato anche nelle relazioni meno confidenziali, specie in alcune aree del Paese. Ma il terribile periodo che abbiamo vissuto ha scatenato anche un altro effetto in tutti noi: una maggiore sensibilità ambientale ed una maggiore attenzione alla salute ed agli stili di vita. Vogliamo vivere meglio, mangiare meglio, stare a contatto con la natura, respirare aria buona ed avere ritmi più lenti, case più grandi e non per forza nel centro cittadino; addirittura, anche stimolati dagli incentivi statali, preferiamo spostarci (a tutte le età) su due ruote, poco importa se elettriche e se in posizione eretta (monopattini) o seduta (bicicletta).
Insomma abbiamo voglia di ritornare alle origini (anche all’infanzia!), di riscoprire le tradizioni e questo ci porta molto più di prima alla terra ed anche all’agricoltura che ha una natura multidimensionale, non solo alimentare ma anche sociale, inclusiva, emotiva, psicologica.
Se fino a poco tempo la prospettiva di “zappare la terra” era quasi una sventura, oggi è percepito, finalmente, come una fortuna, un privilegio che nobilita l’uomo e la donna coinvolti nella nobile arte contadina.
E allora se non puoi cambiare vita e lasciare la città per andare a vivere in campagna, puoi riservarti delle ore, dei giorni, delle settimane durante le quali lavorare come un contadino, o almeno sentirti come lui o vicino a lui. La sharing economy e la digitalizzazione usate bene e con lo spirito giusto ci consentono di sperimentare formule socio-economiche innovative per condividere un campo o un orto come una multiproprietà e seguirne, anche a distanza, i ritmi di vita oltre che la produttività. Per fortuna però la voglia di “terra” non si esprime al meglio con lo smart working (troppo comodo!) ma sporcandosi le mani che è diventata una vera e propria esigenza, quasi fisica per molti di noi.
E così anche in città, non solo nelle scuole dove accanto alle aule informatiche appaiono gli orti didattici (alleluia!), spuntano i “campi” urbani, di quartiere e condivisi, che uniscono la cura della terra a funzioni sociali.
La legge italiana d’altronde sostiene l’agricoltura sociale rappresentata da quelle realtà che creano impatti positivi sul territorio unendo l’attività di campo a funzioni sociali, anche coinvolgendo persone svantaggiate (ex carcerati, disabili, migranti). Ma “agricoltura sociale” oggi ha un significato maggiore, include ciò che crea in generale ripercussioni positive sulla comunità: tutela di tradizioni, paesaggi, salute ed anche lavoro come ad Isola de Piano. In questo piccolo paese in provincia di Urbino una cooperativa agricola dà lavoro a 250 soci (con meno di 600 abitanti) coltivando grano e producendo pasta biologica ma soprattutto salvaguardando non solo le tradizioni ma l’intera comunità.
Ci sono diversi incentivi, pubblici, per stimolare l’agricoltura di comunità e iniziative simili: sabato mattina alle 8.25 ne parleremo con Luca Iovine e Raoul nella rubrica “Economia per tutti”.