“Il premierato è la madre di tutte le riforme”. Così, Giorgia Meloni sul disegno di legge approvato all’unanimità dal cdm che introduce l’elezione diretta del presidente del consiglio e garantisce due obiettivi: “Il diritto dei cittadini a decidere da chi farsi governare, mettendo fine a ribaltoni, giochi di palazzo e governi tecnici, e che governi con stabilità chi è stato scelto dal popolo” ha spiegato la premier. “Negli ultimi settantacinque anni di storia repubblicana abbiamo avuto sessantotto governi con una vita media di un anno e mezzo, e se guardiamo agli ultimi vent’anni abbiamo avuto dodici presidenti del consiglio. Questa assenza di stabilità -ha evidenziato la premier- ha creato un problema di credibilità internazionale nelle nostre interlocuzioni”.
Il testo, dunque, prevede l’elezione del presidente del consiglio a suffragio universale contestualmente alle Camere e rinvia alla legge elettorale la responsabilità di garantire una maggioranza. Prevista anche una norma antiribaltone: il presidente eletto può essere sostituito solo in un caso, e solo da un parlamentare; quindi, non ci sarà più la possibilità di formare governi tecnici. “Io ero favorevole a tornare subito alle urne in caso di sfiducia- spiega ancora Meloni- poi si è optato per una soluzione che consentisse in casi estremi di mantenere la possibilità di terminare la legislatura”.
Non ci saranno più senatori a vita, fatto salvo per quelli attuali e per gli ex presidenti della Repubblica. Resterà invece invariata la funzione del capo dello Stato. “Il suo ruolo è di assoluta garanzia e noi abbiamo deciso di non toccarne le competenze, salvo l’incarico al presidente del consiglio” ha sottolineato la Meloni giudicandola riforma un’occasione storica, in grado di portare il paese nella terza Repubblica: “Auspico un consenso ampio in Parlamento, se così non dovesse essere chiederemo agli italiani che cosa ne pensano con un referendum”.
La ministra per le riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati ha fatto sapere che si sta lavorando anche per mettere a terra la riforma della legge elettorale: “E’ chiaro che bisogna adattarla alla nuova forma di governo, ma -spiega- ci sarà una larga consultazione per individuare una soglia per il premio di maggioranza, il 55% rimane un’ipotesi minima, ma potremmo anche superarla”.