Affrontare assieme la sclerosi multipla

Oggi, quando si parla di sclerosi multipla, sempre più spesso si fa riferimento all’infiammazione “smoldering”. Ai microfoni di Radio Kiss Kiss, Marcello Moccia, professore di Neurologia dell’Università Federico II di Napoli, ha spiegato che si tratta di “un meccanismo chiave da affrontare nella lotta alla malattia”. «Non abbiamo un corrispettivo esatto in italiano del termine inglese, ma per far capire il concetto – sia di sclerosi multipla che di smoldering – pensiamo al barbecue. Quando proviamo ad accenderlo, nella fase iniziale vediamo delle grosse fiammate. Nel momento in cui il fuoco prende, la fiamma si abbassa, ma il fuoco continua ad ardere». È proprio questo concetto di fuoco senza fiamma, di brace che continua a bruciare nascosta sotto la cenere, che in inglese viene indicato con il termine smoldering. Come si applica questo alla sclerosi multipla? «Quello che vediamo molto bene nella malattia sono le “fiammate”: dal punto di vista clinico sono le ricadute, dal punto di vista radiologico sono le nuove cicatrici a livello del cervello, del midollo, del nervo ottico». Il problema è che, al di là di queste fiammate, c’è questa attività smoldering, meno visibile ma che resta attiva. «Questo aumenta il nostro grado di complessità in clinica ed è una grande sfida, proprio perché si tratta di qualcosa di meno evidente ma fortemente impattante: determina i meccanismi di progressione clinica e quindi di peggioramento, che purtroppo le persone con questa malattia spesso avvertono». Direttamente collegato all’infiammazione smoldering è, infatti, il concetto di progressione di disabilità anche in assenza di ricadute, riassunto nell’acronimo PIRA. Moccia spiega che, nella pratica clinica, gli specialisti si trovano spesso in ambulatorio con persone che non presentano ricadute evidenti: «La risonanza non ci mostra nuove cicatrici e quindi questo, secondo il paradigma classico della sclerosi multipla, implicherebbe una stabilità. In realtà, la persona che convive con la malattia e la vive ogni giorno ci racconta un peggioramento. Questo peggioramento, in assenza di fiammate molto visibili, è proprio ciò che noi chiamiamo progressione indipendente dall’attività di ricaduta, ed è ciò che in concreto condiziona il quotidiano della persona con questa malattia». Oltre alle terapie in arrivo è interessante comprendere come, alla luce delle nuove conoscenze, il clinico può instaurare un dialogo efficace sui “sintomi invisibili” e consigliare cosa fare al primo accenno di nuovi segni o variazioni lievi. «La persona con sclerosi multipla, il suo caregiver e chiunque le stia vicino sono per noi centrali nel riconoscere questi meccanismi di progressione. Il concetto stesso di smoldering nasce dal dialogo con le persone con sclerosi multipla. Per questo invito le persone ad aiutarci a intercettare quei sintomi un po’ meno visibili: questo richiede visite più lunghe e il coinvolgimento di altri professionisti. Alla Federico II utilizziamo marcatori nel sangue per monitorare anche questi meccanismi smoldering: sono piccole molecole che cerchiamo nel sangue e che derivano direttamente dal cervello, e ci consentono di comprendere l’andamento dell’infiammazione. Speriamo di trasformare tutti questi concetti in terapia. Le terapie per la sclerosi multipla sono in fortissima evoluzione: sono cambiate molto negli ultimi dieci-vent’anni e stanno ancora evolvendo oggi. Già oggi abbiamo delle piccole molecole che riescono a entrare nel cervello e ad agire, almeno in parte, su questi meccanismi più “silenziosi”. Altre sono in fase di sperimentazione, altre hanno già superato le fasi sperimentali. Per questo mi sento di dare una visione positiva: così come negli ultimi vent’anni siamo stati bravi a spegnere le fiammate, prendiamoci ora qualche anno e saremo sempre più bravi a spegnere anche questa attività smoldering, più a bassa traccia».

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